Quelle porte chiuse in faccia all’italiano dal nome straniero

Abitiamo nella tranquilla provincia di Brescia, di una Brescia ricca, operosa, con le mani strette sui cordoni della borsa. Ma ci sono anche famiglie, come la nostra, che decidono di aprirsi al mondo, vivere nella comunità accogliendo chi, con ogni probabilità, faticherebbe a restare a galla da solo. Così è successo a noi, circa 19 anni fa, di avere in affido dai servizi sociali un minore, all’epoca ancora cittadino straniero, ma nato nella nostra città, praticamente mai uscito da essa, di sicuro mai recatosi, ad oggi, nel paese di origine dei suoi familiari, del quale non conosce neppure la lingua. È vissuto come ognuno di noi, tra scuola, amici e famiglia, per un po’ affidataria, divenuta poi la sua famiglia grazie all’adozione. Ormai quasi ventiquattrenne, con lavoro stabile, cittadino italiano a tutti gli effetti dal momento in cui è diventato maggiorenne, vorrebbe compiere il passo decisivo per sentirsi davvero indipendente, trovare casa, quel passo che, secondo alcuni distingue i giovani adulti dai «bamboccioni». Sono pochi gli appartamenti in affitto a prezzi «ragionevoli» e degni di essere chiamati casa: perciò la ricerca è impegnativa e a volte frustrante. Dapprima rifiuta un contratto che per metà prevede il pagamento «in nero», ovviamente proposto da un italianissimo padrone di casa, e dopo molti tentativi andati a vuoto, finalmente un’agenzia immobiliare pare avere un appartamento che fa al caso suo; fissa un appuntamento ma trova l’agenzia chiusa e nessuna risposta al telefono, caparbiamente telefona anche il giorno dopo e riesce a farsi ricevere. Il colloquio è quanto di più pazzesco e, se vogliamo, ridicolo ci si possa aspettare nel 2020, in provincia di Brescia, dopo mesi funestati da lutti e paure, durante i quali ci si riprometteva che «dopo saremo diversi, più solidali perché abbiamo capito quali sono i valori che contano» (!): domanda «Ma tu sei straniero?», risposta: «No sono cittadino italiano», domanda «ma dove sei nato?», «A Brescia», «Ma dal tuo nome sei straniero» (e non chiedono né vogliono vedere la carta di identità, a loro basta il sospetto); «l'appartamento non è disponibile se non sei italiano, il padrone di casa vuole solo italiani», «ma io sono italiano»... Certo, figlio mio, ma non sei un famoso giocatore di calcio o di qualsiasi altro sport, strapagato, per quelli la distinzione non vale... Non ci stupisce che esistano padroni di casa che vogliono affittare solo agli italiani, ci addolora l’ignoranza e la superficialità di tali persone; ci amareggia ancor di più che un’attività, gestita da persone giovani come in questo caso, accetti (solo per il profitto? O per condivisione di idee? ci chiediamo noi), di rappresentare un cliente palesemente razzista, compiendo un’azione anti costituzionale, non riconoscendo l’art.3 della nostra Costituzione, che ci preme ricordare anche per farglielo conoscere: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale (...) senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
// Alessandra Vergogna! Chi chiede scusa a questo ragazzo? Chi gli dimostra che Brescia, la sua città, sa essere anche altro? (n.v.)Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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