Quegli esuli sono la storia del nostro Paese

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Dieci febbraio, «Giorno del ricordo», in memoria delle vittime delle Foibe, dell’Esodo dei giuliani, istriani, fiumani, dalmati e delle tristi vicende del Confine Orientale d’Italia. Noi Esuli in Patria che abbiamo scelto, per opzione, l’Esodo alla schiavitù, desideriamo ricordare agli italiani e all’Europa intera quegli eventi che hanno quasi cancellato una presenza bimillenaria italiana da quei territori. II più grave sconvolgimento che la nazione italiana abbia subito in tutta la sua storia, dall’epoca delle invasioni barbariche seguite al crollo dell’impero romano. Per noi questo «Giorno del ricordo» ha due fini: il primo è costruire una «Memoria comune» della Nazione, il senso della tua identità, ricordando agli Italiani che 350mila loro fratelli hanno dovuto «obtorto collo» abbandonare una parte della Patria Comune, a seguito di una tragedia collettiva. Una Nazione senza memoria di sé che non conosca la solidarietà verso chi ne fa parte, non è una Nazione. Il secondo scopo è rivendicare la nostra appartenenza alla Storia d’Italia, come uomini e donne e discendenti di una gente che ha abitato e in parte continua ad abitare un angolo d’Europa, che era ed è terra di frontiera tra popoli di lingue e culture diverse. I trattati possono trasferire sovranità, non trasferiscono la Storia. E non la cancellano. L’Istria, il Quarnaro, le isole e città della Dalmazia hanno partecipato per millenni come parte viva della Nazione, alla cultura e alle vicende dell’Italia: dall’epoca romana con i suoi municipi di diritto italico, al Medio Evo con i Liberi Comuni, al Rinascimento con i nostri artisti e i nostri umanisti, all’età moderna con le Repubbliche Marinare di Venezia e di Ragusa di Dalmazia, fino al Risorgimento, alla prima e alla seconda Guerra Mondiale con i nostri politici, i nostri scrittori, i nostri soldati; e ancora ai nostri giorni dalla Somalia al Kossovo, all’Iraq, al Libano all’Afganistan. Non accettiamo, per fierezza di Italiani e per rivendicazione di verità, di essere cancellati dalla memoria della Nazione. Storici, sociologi ed economisti possono ricercare le ragioni prossime o remote di quegli eventi. Ma quello che questo 10 febbraio vuole ricordare è il gelido inverno di uomini e donne, bambini e vecchi che in fondo poco sapevano di totalitarismi e di ideologie e si sono visti cacciati dal loro Paese, da soldati di un esercito straniero che pretendevano di far proprie case e città, chiese e campi cacciandone chi li aveva costruiti e coltivati da mille e mille anni. I circa 7.000/8.000 Esuli, approdati a più riprese a Brescia o disseminati nei campi profughi di Brescia, Chiari, Fasano, Bogliaco e Gargnano, non possono che ringraziare le Istituzioni e i cittadini bresciani che, nonostante i loro difficili conti interni: case ed opifici distrutti, imperante disoccupazione ed anche, purtroppo, diffusa e maledettissima fame, li accolsero benevolmente. Ci furono vicine eminentissime persone quali: il Prefetto Bulloni, i Sindaci Ghislandi e Boni, il Vescovo Monsignor Tredici, il Presidente della Provincia avv. Reggio e Caritas, Unra ed altri. Con il tempo trovammo casa e lavoro, i bambini tornarono a scuola e così contribuimmo con tutti i bresciani alla ricostruzione e alla rinascita del Paese. Per il 2014 esprimiamo l’auspicio, quel forte nostro desiderio di intemerati cittadini di frontiera, affinché i dirigenti responsabili delle Istituzioni Civili e Scolastiche, gli uomini e le donne di cultura, si attivino, con passione ed energia, condividendo l’impegno delle nostre Associazioni degli Esuli, per l’affermazione dei valori della Memoria del Martirio e dell’Esodo subìto dalle genti giuliano dalmate. Luciano Rubessa Presidente Centro mondiale per la cultura giuliano dalmata onlus Brescia

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