Quanto è difficile aiutare le donne vittime di violenza

Siamo un’associazione di donne nata per mettere a disposizione le proprie esperienze e professionalità per sostenere altre donne che abbiano subito o subiscano molestie, stalking, maltrattamenti, violenze oppure in momentanea difficoltà: donne di ogni etnia, religione, cultura, estrazione sociale. Negli anni di attività di ascolto e accoglienza è risultato sempre più evidente che le donne che intraprendono un percorso di uscita dalla situazione di violenza per raggiungere la propria autonomia hanno bisogno un lavoro e una casa. A tal fine abbiamo creato al nostro interno un servizio di «accompagnamento alla ricerca del lavoro» e siamo state contattate da numerose note organizzazioni rappresentative dell’imprenditoria e artigianato, cooperative sociali, enti formativi, per poter offrire opportunità formative e occupazionali alle donne che si rivolgono al nostro sportello. Non ci sono però pervenute né proposte di tirocini formativi finalizzati né alcune offerte di lavoro. Negli ultimi anni abbiamo aderito anche a progetti formativi, finalizzati alla sottoscrizione di contratti di lavoro, con aziende che si sono dichiarate sensibili alla problematica della violenza, e abbiamo sottoscritto accordi rivolti all’inserimento lavorativo proprio di donne vittime di violenza. L’esito purtroppo non è stato positivo. Si è risolto con tirocini formativi a cui non è seguito il promesso contratto di lavoro per «carenza di esigenze di personale», oppure con contratti temporanei rinnovati entro l’anno che non si sono quasi mai trasformati in contratti a tempo indeterminato. A volte con i rinnovi è stata modificata la mansione adibendo le persone a lavori usuranti e insalubri e a fronte di segnalazioni a chi è deputato a presidiare la sicurezza sui luoghi di lavoro il contratto non è stato più rinnovato. Seguiamo anche donne straniere, laureate e diplomate nei loro Paesi di origine, che sono disposte ad accettare qualsiasi tipo di lavoro e di mansione, tuttavia non riescono ad ottenere lavori che non siano precari o non contrattualizzati. Rispetto all’accoglienza di donne vittime di violenza riceviamo molte promesse, spesso in occasione di ricorrenze: 25 novembre e 8 marzo, in cui tutti fanno riflessioni e dibattiti sul tema, ma nessuno li trasforma in concrete opportunità lavorative che permetterebbero la ricostruzione di una nuova vita. La nostra Costituzione all’articolo 4 non riconosce che il lavoro è un diritto per tutte e tutti? Cos’altro possiamo fare per dare la possibilità a chi ha bisogno e voglia di lavorare di trovare un posto di lavoro dignitoso?
Grazia RubertoVicepresidente Associazione Casa delle Donne e gruppo «accompagnamento alla ricerca del lavoro» Centro Antiviolenza CAD Brescia ODV
Cara Grazia, tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo un mare. Di difficoltà, fatiche, delusioni. E il bene è un’azione spesso silente, compiuta da coloro che badano alla sostanza, non a facciate e proclami. Comprendiamo dunque il rammarico, ma proprio per questo il vostro impegno è ancor più meritevole, dovendo tessere una tela delicata e forte insieme. Rilanciamo dunque lo sfogo, mondandolo da accuse e legittimi sospetti verso chi non fa e potrebbe e chi promette e non fa. Di contro, ci appelliamo a tutte le persone sensibili e di buona volontà, affinché il vostro appello porti frutto e non resti «vox clamantis in deserto». (g. bar.)
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