Quanti disperati al parco Tarello Non dimentichiamoli

Lettere al direttore
Lettere al direttore
AA


V

orrei far conoscere la mia testimonianza, per quel che può contare, riguardo ai disperati che vivono nell’ombra della nostra città (mi riferisco alla lettera scritta dal coordinatore dell’associazione City Angels, pubblicata il giorno 19/07/24). Abitando a porta Cremona, ho ben chiara la situazione che si è creata al parco Tarello. Da quando sono in pensione, quasi due anni, cerco saltuariamente (1 o 2 volte alla settimana) di dare una mano ai poveretti che trovano riparo sotto la tettoia che delimita l’area sul lato nord: brioche e qualche frutto a colazione, fazzoletti di carta, spazzolini e poco altro. Sono quasi tutti ragazzi giovani, solidali fra loro e grati per questo mio piccolo sostegno (una goccia nel mare, considerando le loro reali esigenze).

Due cari amici mi hanno aiutato nel raccogliere magliette, calzoncini e altri capi di vestiario «leggeri», adatti alla stagione estiva. Aggiungo anche che ero sul posto quella disgraziata mattina in cui il povero Jacob giaceva morto per terra, con gli occhi sbarrati: un'immagine straziante! In vista del prossimo inverno, vorrei tanto che si risolvesse per tempo il problema, fornendo un riparo adeguato a questi nostri sfortunati fratelli. O vogliamo disinteressarcene per poi rammaricarci a causa dell’ennesima tragedia che ha colpito uno di loro

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Davide Brunelli
Brescia

Caro Davide,

trattiamo molti temi in queste pagine, alcuni curiosi, altri tragici, altri ancora lievi. E a ciascuno di essi prestiamo attenzione e peso, cercando di rifuggire banalità e retorica anche quando si tratta di questioni da poco. Poi però ci sono i valori che contano, ciò che distingue pienamente l’essere umano. Il suo racconto appartiene a questo registro, inchiodandoci alla dura tavola delle nostre debolezze, del «vorrei ma non posso», del cuore che si incrina senza però trasformare la pia intenzione in gesto concreto. Lo scriviamo con vergogna e schiettezza al tempo stesso: lei e quelli come lei siete ciò che troppi di noi non siamo, l’eccezione fattiva ai troppi sguardi che passano oltre, che preferiscono l’indifferenza, dimenticando lesti chi è disperato. Possano dunque le sue parole non scivolare via nel trambusto, avendo l’autorità dell’esempio e costringendoci a guardare dritto negli occhi il dramma di chi è più sfortunato. (g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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