Quando insegnare cambia la vita Grazie ai miei alunni

Lettere al direttore
AA
Grazie ai miei alunni. Si parla spesso di insegnare, trasmettere, strutturare, istruire nel mondo della scuola. Tutti termini che concorrono a definire il lavoro di un insegnante. In realtà, pesando sul piatto della bilancia del complesso rapporto educativo, quello che ho ricevuto da voi, dalle famiglie e dal paese sapevo che era destinato a lasciare una traccia, un solco eterno in quella parte di me intima e profonda che mi accompagnerà per tutte le pagine del libro della mia vita. Quando mi chiedevano: dove insegni? Io rispondevo: a San Giovanni di Polaveno! Con orgoglio raccontavo e tutt’ora racconto di questi bambini eccezionali, vivi, reattivi, avventurosi, temerari, generosi, curiosi calciatori, musicisti, alpinisti, lettori, giardinieri, cacciatori, ecologisti, artisti, creativi, boscaioli, animatori, ballerini, arrampicatori, escursionisti, ricercatori, marciatori, guide ecologiche, imprenditori, inclusivi! Sicuramente ho dimenticato qualche aggettivo, ma insieme eravamo una bella squadra! Mi sentivo sempre a casa, una famiglia dove con sincerità, umiltà e fiducia ci si sta accanto per prendersi cura l’uno dell’altro! Bastava una vostra idea, un vostro sogno e da lì si metteva in moto la straordinaria macchina. I Genitori, l’amministrazione comunale, la Federcaccia, la parrocchia, il Gruppo escursionisti, i nostri angeli custodi dell’Antincendio, il sindaco (negli ultimi anni al femminile) i volontari artisti della creta, l’Avis, Csi Polaveno e poi le vostre bancarelle, i donatori esterni, le ditte locali, gli alpini, gli anziani delle contrade, i nonni con i loro castagneti, i nonni con i loro racconti sui vecchi sentieri, i nonni con i trattori, pale e vanghe, i nonni ex vigili, filosofi e botanici, musicisti della banda locale, i nonni guardie volontarie, ma soprattutto Voi: energia pura, travolgente, un vulcano attivo di emozioni, idee, sogni ed aspettative. Forse un giorno scriverò un libro sulla bellezza di «essere un’insegnante»; esser stata una di voi, di aver compreso ancor di più la forza e la potenza degli esseri umani quando camminano insieme verso un unico fine: essere più umani in una vasta comunità di relazioni autentiche utilizzando tutte le forme del linguaggio espressivo. Mi sembrava di essere in un grande laboratorio di idee e di concretizzazioni di progetti supportati dalla gioia e dal divertimento. Non sentivo il confine tra l’aula e il territorio: era uno scambio culturale ed umano continuo che mi dava sempre la gioia di iniziare un nuovo, lungo, avventuroso giorno. Non era solo il mio lavoro e voi non siete stati solo alunni: è stata la nostra Vita. Era il paese nella scuola e la scuola nel paese. Vorrei solo ringraziarvi e dare voce alle esperienze positive che nell’ambito del ruolo docente spesso restano nascoste sotto le cattive notizie e i luoghi comuni o l’indifferenza! Ciò che si vive insieme non si dimentica e rimane dentro di noi come un mantra: ricordate... fino all’alba il nostro motto (Siamo noi, siamo solo noi, non c’è bandiera che ci limiti... non ti fermare, non ti voltare ... da Arisa per i Giochi olimpici invernali 2026). Ciò che insieme abbiamo costruito mi sta guidando ancor oggi e la vostra luce illumina il mio cammino. Gratitudine immensa a chi sa di cosa sto parlando!
Emanuela
Docente scuola primaria
Gentile insegnante, se non c’è stato nel suo sentire un confine tra aula e territorio, è probabilmente dovuto al fatto che sono anzitutto cadute le barriere tra la sua di vita e quella delle persone «in costruzione» che erano i suoi alunni. La lettera trasmette - per osmosi - il senso di bellezza che si può trovare nell’«essere insegnante», quando c’è un’apertura alla reciprocità educativa, pur nei distinti ruoli e con le diverse responsabilità che attengono a un adulto che insegna (anche come professione) e ai ragazzi chiamati ad apprendere (anche per obbligo di legge). Riconosciuto tutto questo, c’è bisogno anche di un contesto che favorisca lo svilupparsi di un tale rapporto, e ne riconosca la bontà. Quando tutte le condizioni si allineano, allo stupore di intuire un cammino che porta lontano, si aggiunge il senso di gratitudine che tutti dobbiamo ai tanti insegnanti capaci ogni giorno di mettersi in gioco nelle aule delle nostre scuole. Per coltivare quella promessa di futuro di cui sono portatori i nostri ragazzi. (g.c.)
Emanuela
Docente scuola primaria
Gentile insegnante, se non c’è stato nel suo sentire un confine tra aula e territorio, è probabilmente dovuto al fatto che sono anzitutto cadute le barriere tra la sua di vita e quella delle persone «in costruzione» che erano i suoi alunni. La lettera trasmette - per osmosi - il senso di bellezza che si può trovare nell’«essere insegnante», quando c’è un’apertura alla reciprocità educativa, pur nei distinti ruoli e con le diverse responsabilità che attengono a un adulto che insegna (anche come professione) e ai ragazzi chiamati ad apprendere (anche per obbligo di legge). Riconosciuto tutto questo, c’è bisogno anche di un contesto che favorisca lo svilupparsi di un tale rapporto, e ne riconosca la bontà. Quando tutte le condizioni si allineano, allo stupore di intuire un cammino che porta lontano, si aggiunge il senso di gratitudine che tutti dobbiamo ai tanti insegnanti capaci ogni giorno di mettersi in gioco nelle aule delle nostre scuole. Per coltivare quella promessa di futuro di cui sono portatori i nostri ragazzi. (g.c.)
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