Proposte per il riutilizzo della pensilina

Largo Formentone
AA

Mi inserisco, anche a se a distanza di qualche tempo, nel dibattito che ha visto confrontarsi in merito alla pensilina di Largo Formentone il professor Luciano Anelli e alcuni lettori.

Per correttezza, devo premettere di non avere all'inizio nutrito particolare simpatia per la pensilina, che giudicai a suo tempo eccessiva sia per l'altezza che per la pesantezza della struttura, anche in vista della destinazione alla copertura delle bancarelle che, peraltro, non ne venivano affatto riparate. La si giustificò con la necessità di colmare un vuoto urbano, a sostituzione di un edificio preesistente distrutto per eventi bellici, e la giustificazione mi sembrò accettabile. Per questo mi sembrerebbe incongruo, oltre che inutilmente costoso, trasferirla in un luogo appartato, come un parco o un giardino dove, temo, non avrebbe alcuna funzione o utilità.

Mi lascia molto perplessa anche la proposta del signor Cristini, della quale riconosco, peraltro, le buone intenzioni, di ospitarvi un giardino di ippocastani. Anch'io adoro gli alberi; l'abbattimento del filare di olmi adiacente alla preziosa chiesetta romanica di San Giacomo al Mella in via Milano è uno dei dispiaceri di questa estate, e ne consegue l'osservazione che prima di impiantare nuove essenze arboree sarebbe meglio preservare quelle che già ci sono.

Mi chiedo però che senso abbia inserire, in quello che è poco più di un fazzoletto, un giardino che (oltre a non avere alcun rapporto con il contesto urbano, che è fatto di strade e case e giardini, semmai, inseriti entro i cortili, o nei chiostri, o lungo i viali) avrebbe vita limitata, per il poco spessore dello strato di terra, per l'ombra portata dai palazzi circostanti e, soprattutto, perché non potrebbe ricevere, coperto com'è, la pioggia. Purtroppo, e non solo a Brescia, si sta diffondendo la moda di innestare in città piante destinate, per la collocazione e la mancanza di cure, a vita breve. Penso alle gigantesche installazioni davanti alla stazione ferroviaria cittadina o agli alberi in vaso distribuiti nel centro di Milano, che non credo possano esaudire le richieste del maestro Abbado.

Mi sembra invece interessante la soluzione, caldeggiata da Luciano Anelli, di riutilizzare la pensilina ricavandone, con una struttura il più possibile leggera, delle sale di studio e lettura, perché questa scelta animerebbe con la presenza di giovani (e non gioverebbe solo a loro) quell'area del centro, oggi in effetti un po' trascurata, senza tradire la realtà circostante.

Fiorella Frisoni

Università degli Studi di Milano

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