Prepotenti in piazza Invoco il ritorno de «Chel del formai»

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In merito a quanto accaduto in questi giorni nei dintorni di piazza Arnaldo, dove gruppetti di adolescenti con le loro prepotenze si sono imposti alle cronache, vorrei rivalutare una figura tipicamente bresciana che fino a pochi anni fa avrebbe risolto situazioni simili. «Chel del formai», per chi non lo conoscesse è una persona normale magari più aitante della media, di età imprecisata, non è mai un prepotente, ma se sollecitato sa come comportarsi. I genitori di un tempo, meno acculturati e più istintivi intuendone le potenzialità pedagogiche si guardavano bene dal denunciarlo alle autorità ma anzi lo portavano a monito: «Te troaret Chel del formai». Ultimamente, complice una società evoluta e politicamente corretta, le sue apparizioni si sono fatte più sporadiche. Io però ho assistito a un paio di suoi interventi. Tempo fa allo stadio dove alcuni giovani tifosi spintonavano un anziano che aveva chiesto loro di sedere per poter assistere in pace alla partita. «Chel del formai» non ha alzato la voce, si è avvicinato senza farsi riconoscere chiedendo pacatamente maggior rispetto per una persona di quell’età. Ricevendo come risposta una serie di insulti, ha steso i due «capi» e tutto il gruppo di scalmanati si è dileguato. Un paio d’anni fa arrivò dagli Usa la moda del Knockout game. I «giocatori» in tre a quattro picchiavano senza motivo una persona di passaggio scelta a caso. Per errore, penso quattro ragazzi scelsero lui come obiettivo. Come scriveste allora nella conclusione del vostro articolo. «Dopotutto giocare al knockout game con Chel del formai è stato solo un pessimo affare». Le ormai rare azioni di questo nostrano supereroe sono comunque di conforto alle persone pacifiche. Fanno pensare loro che ogni tanto la giustizia, senza attendere autoritá e lungaggini burocratiche prenda la giusta via, con buona pace di pedagoghi ed esperti di disagio giovanile.

// Claudio Santi
Bovezzo
Gentile lettore, l’evocazione di «chel del formai» è suggestiva e rende l’idea di quanto si senta il bisogno che ad un certo punto si chieda conto a qualcuno di quel che fa. La spiegazione di questa popolare espressione è in soldoni: ecco, i prepotenti ne hanno incontrato uno ancor più prepotente di loro che li mette in riga. Ora non credo proprio che la prepotenza o l’arrivo del giustiziere di turno siano la strada maestra per trovare il bandolo del matassa della diffusa irresponsabilità e della violenza, latente o manifesta, riscontrata nei comportamenti di tanti giovani. Bisognerebbe anzitutto che gli adulti, a partire dai genitori, si prendessero la responsabilità di chieder conto più spesso e con regolarità ai figli delle loro azioni o perlomeno parlarne, senza voltare il capo dall’altra parte o giustificare, come spesso accade, certi gesti o certi comportamenti dei nostri ragazzi. Abituarci e abituarsi, in proporzione all’età, a render conto delle proprie azioni, ad essere cioè responsabili: ecco la possibile alternativa a un imprevedibile «chél del formai» che regoli i conti a modo suo... anche per conto terzi (nostro). (g.c.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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