Poveri e ignoranti? Da che pulpito l’accusa ai turisti

Lettere al direttore
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Durante il fine settimana mi è capitato di leggere su un quotidiano nazionale, un articolo che volevo pensare «inventato» per riempire spazio (occupa quasi una mezza pagina), ma continuo a vederlo riproposto anche su altri giornali, senza smentite mi pare, e allora la mia indignazione va via via crescendo. Leggo: «Troppi turisti poveri e ignoranti...», «questo turismo è osceno... esplosione di overtourism con tipologia di persone che vaga... senza neppure sapere dov’è...», «non passa quasi più nessuno con borse provenienti da negozi di marca...», «io stesso ho visto diverse famiglie dividere un piatto di pasta o da bere. Ci sono file alle fontanelle per prendere dell’acqua perché non si compra più nemmeno quella...»; e qui mi fermo con le citazioni perché mi chiedo se davvero la persona che ha rilasciato l’intervista si renda conto di cosa ha detto: se una famiglia arriva a dover dividere un piatto di pasta e l’acqua delle fontanelle, qualcosa vorrà pur dire. Forse che non rinuncia a spendere nel viaggio, seppur di un solo giorno, per vedere e mostrare, magari ai figli e nipoti, la meraviglia di quella città, Venezia, che tanti luoghi ha da svelare oltre ai più noti, e per «stare nel budget» a fine mese, rinuncia al gusto di sedersi comodi a mangiare qualcosa insieme. Il signore in questione, poi, rincara la dose dando praticamente dell’ignorante ai visitatori poveri, come li definisce, e proponendo addirittura di far pagare 100 euro a testa ai turisti mordi e fuggi (per scelta o per impossibilità a trascorrere una vacanza più lunga). Nemmeno se avessi le possibilità economiche o fossi interessata alle sue vetrine, mi verrebbe in mente di entrare nel negozio di questo signore. Non aggiungo altro. Ricordo però, che l’ignoranza e la maleducazione che pare appannaggio dei «poveri», possiamo riscontrarla anche in altre categorie di persone, con buona pace di tutti. Vorreste dirci qualcosa o raccontarci il vostro parere o quello di un sociologo? Mi piacerebbe davvero.

Chiara Albertini

Cara Chiara, non avendo l’autorità di un sociologo ci limitiamo al nostro, d’un parere, cercando di fare onore alla limpidezza che lei porta incisa nel nome. Pur comprendendone alcune ragioni, le parole di quel negoziante veneziano hanno causato uno stridore di unghie sulla lavagna pure a noi. È vero che l’onda di visitatori porta inevitabilmente con sé la schiuma dei maleducati, ma far di tutta l’erba un fascio significa cascare nel classismo meschino. È possibile infatti praticare la frugalità senza essere sciatti, così come dignità e compostezza non si misurano dalle borse di marca o dai duecento euro a testa al ristorante. Sovente è il contrario: esiste una supponenza del lusso, una cafoneria propria di coloro che possono permettersi il prezzo di ogni cosa senza comprenderne il valore di alcuna. Non vorremmo tuttavia compiere lo stesso errore dell’intervistato, generalizzando, mentre il buono e il gramo si trovano in ogni strato della società. Per concludere diciamo allora che farebbe bene a tutti, per primi a noi, riflettere su quanto sia importante promuovere una cultura del viaggio, scansando la tentazione di accumulare mete quasi fossero tacche sulla pistola di un cowboy, scegliendo con cura dove andare e dimostrandoci ovunque visitatori attenti, rispettosi e responsabili. Quel negoziante borioso non ne gioverebbe comunque, ma noi cittadini e le località turistiche sì. (g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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