Perdere un figlio, un dolore indicibile Non dimenticateci

Lettere al direttore
AA
Le feste stanno arrivando e nella mia testa, nel cuore e nell’anima rimbalza una domanda: «perché non esiste un aggettivo che definisca il genitore che ha perso un figlio?».
Durante queste feste i posti a tavola sono il dolore più grande, gli alberi di Natale che non vengono più addobbati, i sorrisi mancanti, anche le litigate, le discussioni per le piccole cose. Siamo una categoria dimenticata, l’italiano nella sua vastità di parole non ha un aggettivo che ci definisca. Da mamma che ha perso un figlio per me è sempre difficile dire questa frase, se ci fosse un aggettivo che definisce la cosa, non dico che alleggerisca anche i nostri dolori, ma sicuramente avremmo un posto che spetta anche a noi nella lingua italiana. Stessa cosa vale per i fratelli, non c’è nessun aggettivo che definisca la perdita di un fratello. Augurando a tutti i genitori che come me hanno perso un figlio chi per malattia, chi per incidente o per infortunio, un periodo quantomeno più leggero possibile, un abbraccio a tutti forte.
Mamma Luisa
Cara Luisa,
per chi è genitore la morte di un figlio è il peggio che possa capitare. Un dolore non per caso «indicibile», tanto grande da non avere limiti, da non poterlo de-finire. Forse per questo nella lingua italiana non esiste un aggettivo o sostantivo specifico, a differenza dello spagnolo, che utilizza il termine «orfano» («huérfano de hijo»), pure per padre e madre, attingendo alla radice, «orbus», privo.
Queste però sono quisquilie, un concentrarsi sui riccioli, omettendo la sostanza della sua lettera: la sensazione di essere una «categoria dimenticata». Non è così. Lei è al primo posto dell’altrui considerazione.
E ci piace pensare che proprio la mancanza di una singola parola sia la forma più alta di rispetto, empatia, condivisione, riconoscendo a chi come lei ha perso un figlio una sorta di manleva, di sospensione, che «giustifica» (rende puro, libero da colpa) ogni sentimento, sia esso di sconforto, rabbia, desolazione... È così che al silenzio della voce fa eco il calore, la vicinanza dell’abbraccio, che proprio perché muto vale più di mille parole. (g. bar.)
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Condividi l'articolo
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato