Perché c’è una fuga di medici italiani all’estero

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Nei prossimi anni si profila una vera e propria fuga all’estero dei Medici e del Personale sanitario italiano. Già oggi, solo in Europa, occorrono 620 medici italiani e si prevede che entro il 2020 circa tremila medici italiani sbarcheranno in Gran Bretagna, nonostante la Brexit. Ad andare all’estero non ci sarebbe soltanto una più favorevole opportunità economica, ma si tratterebbe di un vero e proprio riconoscimento delle notevoli capacità e della migliore professionalità dei sanitari italiani. La richiesta dei nostri sanitari avviene da parte di Paesi europei (Inghilterra, Belgio, Scozia, Olanda), Arabia Saudita, Qatar, Siria, Libia, Iraq, Sudan e Somalia, insieme ad Africa e Sud America. Allettanti gli stipendi inglesi che possono arrivare, per un medico di famiglia anche a 140.000 euro lordi, oltre 100.000 in Francia, 130.000 in Germania, da 183.000 per un generalista a 250.000 per un ospedaliero negli Stati Uniti. Gli italiani sono il fanalino di coda con poco più di 60.000 euro lordi. In Italia, oltre ad una notevole difficoltà d’accesso alle facoltà di Medicina e Chirurgia si manifesta una ancora più grave difficoltà di ingresso nelle scuole di specializzazione, e quindi nell’ambito lavorativo, relegando pertanto i medici italiani in una sempre più crescente sacca di precariato e sottoccupazione. Per contro sono in aumento in Italia gli arrivi di professionisti sanitari di origine straniera (prevalentemente Europa dell’Est, Egitto, Iraq, Africa). In definitiva un comportamento schizofrenico del Sistema italiano che verosimilmente ha contrabbandato per anni il numero programmato di accessi alle facoltà sanitarie universitarie con un più falsamente economico numero chiuso. Tutto questo ha comunque un costo, e non solo in termini economici. Preparare un medico è un processo molto costoso sia in termini economici che organizzativi. In un articolo di Sanità 24 - Il Sole 24 Ore del 2014 la spesa per la formazione di giovani medici ammontava a 1,5 miliardi di euro all’anno. Un grande costo per la comunità e per le famiglie (circa 150.000 euro tra laurea e specializzazione). Il tragico è che il nostro Paese spende enormi cifre per la formazione dei nostri medici e non pone rimedi strutturali per evitare la fuga di questi in altri Paesi europei ed extraeuropei. Una politica sbagliata che non solo porta ad una fuga di cervelli, lasciando tra l’altro sguarnito il Ssn dai professionisti necessari, ma soprattutto una emorragia economica che di questi tempi, e in corso di grande concorrenza internazionale, aumenterebbe ancora di più la sofferenza giovanile nell’inserimento delle nostre professionalità in campo lavorativo.

// Fabio Barbarossa
Medico di Famiglia Master triennale in Gestione e Organizzazione della Sanità Sda Bocconi Milano
Gentile lettore, il problema sollevato è reale. Anzitutto il blocco del turn-over da anni impedisce un adeguato ricambio del personale negli ospedali e nelle strutture del Servizio sanitario nazionale, situazione che ha creato un precariato diffuso. D’altra parte per legge gli ospedali dal 2020 non potranno superare per il personale la spesa sostenuta nel 2004, diminuita dell’1,4 per cento. Così, in una realtà europea in cui il mercato del lavoro è aperto, molti giovani medici scelgono di andare a lavorare in Paesi dove vi sono maggiori garanzie, anche salariali, e dove le competenze universitarie acquisite in Italia, vengono adeguatamente valorizzate. Un analogo ragionamento porta in Italia medici da altre parti del mondo dove le opportunità di lavoro e di retribuzione sono meno favorevoli che nel nostro Paese. Quel che rammarica è che da libera scelta sempre di più l’emigrazione all’estero diventa per molti giovani medici una soluzione quasi obbligata. (GdB)

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