Onoriamo la vita, un «intervallo» tutto da gustare

Lettere al direttore
Lettere al direttore
AA
Questa mia è solo per ricordare a tutti e soprattutto a me, che il nostro mondo del lavoro è molto importante, ma purtroppo porta quasi tutti noi a lavorare fino a un’età molto avanzata e quando succede di arrivare al termine della nostra esperienza lavorativa, purtroppo in tantissimi casi, lo dico per esperienza molti di noi non hanno quei pochi anni di tranquillità. Questo è successo al mio coordinatore Ugo Bortolotti, dopo quarantadue anni di servizio e quasi trenta passati con me (scherzando potrei dire di essere stato la sua seconda moglie), qualche anno dopo al suo traguardo pensionistico ci ha lasciato. A parte il dolore per questa perdita improvvisa, c’è proprio il rammarico di non aver potuto vederlo trascorrere felice e tranquillo questi suoi ultimi anni, con la sua famiglia e i suoi nipoti, facendo quello che più gli piaceva fare. È una semplice riflessione che chissà quanti hanno già fatto, ma per me era dovuta verso un amico e un capo che mi ha fatto crescere e imparare molte cose. L o vorrei salutare scrivendo poche parole che mi hanno colpito da un filosofo molto saggio: «Non v’è rimedio per la nascita e la morte, salvo godersi l’intervallo», ecco godersi l’intervallo, proprio quello che Ugo non ha goduto. Ciao Ugo.
Aldo Silvestri
Desenzano

Caro Aldo,

ci associamo alle condoglianze per Ugo, che non conoscevamo, mettendo altresì in evidenza la sua lettera per il monito a «goderci l’intervallo».

È la seconda volta questa settimana che ascoltiamo qualcosa di simile.

Ieri l’altro, in una splendida giornata di sole, al termine della cerimonia per l’ultimo saluto a Bankit, mamma del nostro amico Paolo, il sacerdote se n’è uscito con queste parole: «Il vivere passa, l’aver vissuto non passa mai»

Già. L’aver vissuto. Che noi però abbiamo l’obbligo di declinare al presente, al «vivere» che passa e non invano.

Un’indicazione tanto semplice quanto ardua da realizzare, poiché esattamente come la felicità - che non dura e al più si può provare a lampi - effimero e volatile è il rendersi pienamente conto della vita che abbiamo la fortuna di ricevere in dote.

Un’incapacità connaturata agli esseri umani (i testi sapienziali già nell’antichità evidenziavano questa condizione) e ancor più accentuata ai giorni nostri, in cui domina il correre, l’affannarsi, il riempire persino gli scampoli e non lasciar libero un istante.

L’ha fatta lunga, caro Aldo, e forse anche difficile. Chiedo perdono allora per questi pensieri sparsi, con un invito: a chiudere gli occhi, concentrarsi sul proprio respiro e in onore di Ugo e di chi come lui ci ha preceduto, di «goderci» qualche attimo di ciò che Schopenhauer chiama «intervallo», ma per noi è vita, in tutti i sensi. (g. bar.)

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