Ok, ho sbagliato. Ma più rispetto per il mio mestiere

Lettere al direttore
Lettere al direttore
AA

Sono una non più giovane infermiera, lavoro in ambito ambulatoriale. Questo martedì intorno alle 8.30 avendo già quattro persone in attesa di visita ho commesso l’errore di dire ad un utente che voleva essere visitato in mattinata, che non sarebbe stato possibile per difficoltà legate al tempo (ero serena nel dare questa risposta in quanto la visita sarebbe avvenuta il giorno seguente). Purtroppo non solo sono stata ripresa in malo modo, dalla specialista mi è stato detto, giustamente, che lei doveva sapere. La cosa a mio parere grave è che sono stata ripresa in malo modo con affermazioni pesanti e tutto è proseguito per cinque ore con atteggiamento indifferente verso la mia persona, con ordini sul mio operato in ambulatorio, con frasi appositamente dette per farmi sentire «un nulla». Non è la prima volta che accade e non è facile riuscire a lavorare con chi considera l’infermiere una nullità. Per questo scrivo a voi, i numeri di iscrizione al corso universitario infermieristico sono in calo. Si parla molto di cause legate allo stipendio ma credo ci sia ancora molto da fare a livello di rapporti tra professionisti. Se si continua a considerare la figura infermieristica una nullità i progressi anche emotivi a mio parere non potranno mai evolvere in senso positivo. Il nostro lavoro è molto importante e altrettanto complicato. L’infermiere ha molte responsabilità e la più grande è quella di aiutare i propri pazienti (ora non si chiamano più così giustamente), anche nella parte più profonda di quello che comporta una visita o procedure più complesse. Io mi scuso con la persona alla quale ho detto di fare la visita il giorno successivo, però avrei voluto che negli anni della mia esperienza lavorativa queste modalità offensive nei confronti della nostra figura professionale scomparissero. Sono pertanto accanto a chi con coraggio si avvicina a questa meravigliosa professione e anche speranzosa che qualcosa possa cambiare anche nel nostro Paese.

Roberta Arici

Cara Roberta, la sua battaglia è la nostra e tutelare la vostra dignità significa salvaguardare quella dei pazienti, cioè di tutti noi, prima o poi (speriamo molto «poi»). Riuscirci non è facile, poiché non si cambia con uno schiocco di dita l’incrostazione culturale che ci portiamo appresso, quella che indica gli infermieri e in genere tutto il personale sanitario, eccetto i medici, come figli di un dio minore. Il mondo è tuttavia in continua evoluzione e siamo certi che pure se ardua, una tale impresa sia possibile. Questione di tempo e altresì di volontà, energia, coraggio, passione: proprio le qualità che ha messo lei, scrivendo questa lettera. (g. bar.) P.S. Riguardo il suo errore: non sbaglia soltanto chi fa nulla. Importante è chiedere scusa e lei lo ha fatto.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

Suggeriti per te

Caricamento...
Caricamento...
Caricamento...