Nonna Maria e i suoi cent’anni vissuti sereni

Lettere al direttore
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Nonna Maria è nata l’8 febbraio 1924, unica femmina tra tanti fratelli e zii maschi. La mamma Margherita era ricamatrice e perse la vista presto e il papà Luigi lavorava alla Glisenti, così come i fratelli e quasi tutti quelli che vivevano in quel piccolo borgo di Carcina cresciuto intorno alla grande fabbrica. In quell’Italia tra le due guerre Maria andò a scuola fino alla quinta elementare e fece poi la scuola di cucito. La mamma non voleva che diventasse ricamatrice perché non voleva le si rovinasse anche la vista. Le frequenti otiti infantili l’avevano resa un po’ sorda. A scuola Maria era molto brava in matematica, le piacevano i numeri mentre le parole no. I dettati erano difficili perché non sentiva bene. Maria doveva aiutare la mamma e occuparsi di tutti i maschi di famiglia nei tempi in cui si andava a fare il bucato alla seriola. Era una bimba ubbidiente e servizievole: racconta spesso di come suo papà le chiedeva di stare vicino alla mamma che ci vedeva poco. In tutti i racconti di nonna Maria traspare un grande amore e rispetto per i suoi genitori. Lavorò per qualche anno a servizio in una famiglia di Brescia dove doveva occuparsi anche dell’unica figlia Carla. Sono frequenti gli aneddoti di quegli anni: era contesa dalla signora che la voleva in cucina, dal padre che voleva che stesse vicino alla piccola Carla e le insegnasse a cucire e dal nonno che gradiva la sua compagnia. Erano gli anni in cui vide il suo primo ed unico film al cinema: Via col vento. A ballare non andava, non le piaceva perché non sentiva la musica. Arrivò la guerra e andò a lavorare in fabbrica: le donne sostituirono gli uomini che erano al fronte. Sono pochi i racconti di quegli anni: la polvere nelle fabbriche, le preoccupazioni per il fratello marinaio in guerra la cui nave era affondata tre volte, l’uccisione di 3 abitanti del borgo. Finita la guerra, dopo che tutti i fratelli maschi erano stati sposati, Maria poté sposarsi. Conobbe Francesco. A quel tempo si chiedeva consiglio al parroco e l’autorizzazione ai genitori. Francesco era rimasto orfano da piccolo, cresciuto come «famei» (famiglio) in una famiglia di contadini, i Cinciulì, durante la guerra aveva prestato servizio come attendente di un ufficiale a Roma e finita la guerra era andato a lavorare alla Iveco. Aveva fatto solo la seconda perché doveva portare il pasto al babbo e aiutarlo nei campi. Maria gli insegnò a fare i calcoli. Condussero una vita semplice a Gussago, nella frazione di Navezze, fatta di lavoro e dedizione alla famiglia. Francesco andava in fabbrica e poi nel campo a coltivare l’orto, la vigna ed allevare conigli e galline, Maria accudiva la casa, i quattro figli e nel pomeriggio aiutava Francesco nell’orto o faceva rammendi per le signore del paese: in quegli anni si cambiano le cerniere ai pantaloni, si giravano i colli alle camicie e i vestiti venivano rammendati e riadattati. Con le camicie smesse si facevano i grembiulini dei bambini. Tutti i lunedì Maria faceva 10 km in bici per andare ad aiutare la mamma a Carcina. Ogni risparmio era dedicato ai figli che riuscì a far studiare. Il quarto figlio, Marco, nacque down e con gravi difficoltà fisiche e ritardo mentale. I medici le dissero che non avrebbe superato una settimana di vita. Per Maria fu un colpo al cuore ma era coraggiosa e accudì con grande amore questo ultimo figlio meno fortunato degli altri. Dedicò il resto della sua vita per garantire al figlio quei diritti che ora tutti danno per scontati ma che in quegli anni non esistevano. I bambini con quel tipo di disabilità erano tenuti chiusi in casa con vergogna e senso di colpa, visti come punizione divina. Ma Maria era molto devota e si batte affinché Marco potesse andare all’asilo e a scuola come tutti gli altri bambini, fare catechismo e prendere i sacramenti insieme ai suoi coetanei, partecipare alle attività oratoriali e fare calcio. Lo portava sempre con sé ovunque e Marco, nonostante non sapesse parlare, divenne molto socievole, conosciuto da tutti a Gussago ed amato: Marco sorride a tutti e con una stretta di mano od un abbraccio riesce a far sentire bene chiunque lo incontri. Maria era riuscita a farlo diventare figlio dell’intero paese. Gli amici della Farmacia, della Forneria e dei bar in piazza, le Acli e Serafino, il giro dal Don e in sacrestia, l’oratorio, il sabato al mercato e la messa della domenica, le partite del Gussago di cui è ancora la mascotte e tutte le feste che caratterizzano la vita di Gussago: la festa dell’uva, il Carnevale, la fiera della Caccia. Marco sempre presente e circondato da un’intera comunità che lo ha sempre accolto e accudito con amore grazie ad una mamma coraggiosa che lo ha accompagnato ed introdotto fin da piccino nella vita del paese. Gli anni sono passati, i figli cresciuti e Maria ha dovuto salutare il compagno della sua vita che l’ha lasciata nel 2012. È riuscita ad accudire il suo Marco in autonomia ancora per qualche anno fino a quando, all’età di 92 anni, una frattura al femore ha richiesto l’aiuto dei famigliari. Da allora vive con il suo Marco nella famiglia di uno dei figli, Gigi. È rimasta un’attiva lavoratrice e nonostante abbia perso l’autonomia di movimento è lei che taglia le verdure del minestrone, pulisce gli ortaggi e piega il bucato. Legge tutti i giorni il Giornale di Brescia e segue alcuni programmi televisivi, riesce ancora ad infilare l’ago e a fare rammendi, cambiare cerniere e girare colli, farsi da sola i grembiuli da casa (perché non li fanno più come una volta!) Si occupa ancora del suo Marco e la sua gioia sta nel poter ancora aiutare figli e nipoti e vedere il suo Marco amato ed accudito. L’8 febbraio 2024 nonna Maria ha compiuto 100 anni e tutti noi le siamo grati per questo piccolo mondo antico che lei ha portato fino a noi. Il nostro mondo corre veloce e allarga i confini, ma la sua vita ci ricorda che abbiamo davvero bisogno di poco per essere felici: qualcuno da amare. Grazie nonna Maria.
Gianluigi Cirelli
Concesio
Caro Gianluigi,
ai suoi auguri facciamo somma dei nostri, lettori appassionati di questo romanzo di vita in poche righe.
La storia di Maria, bella di per sé, riconcilia con lo scorrere del tempo, ricordando che davvero, come scrive lei, basta poco per essere felici.
Una serenità di fondo che riporta a ciò che abbiamo ascoltato qualche giorno fa, dallo scrittore Alessandro Baricco, sulla virtù del «lasciare andare». Ad ogni dono, infatti, fa da eco una iattura. Chi ad esempio riceve dalla fortuna il regalo degli anni - come Maria - deve mettere in conto di congedarsi da molti, compresi coloro che si amano di più. Ecco perché, per conservare serenità, bisogna imparare a non trattenere, a «lasciare andare» appunto, senza aggrapparsi a nulla, ma godendo appieno ogni singolo istante, perché soltanto così non passerà mai). (g.bar.)
Gianluigi Cirelli
Concesio
Caro Gianluigi,
ai suoi auguri facciamo somma dei nostri, lettori appassionati di questo romanzo di vita in poche righe.
La storia di Maria, bella di per sé, riconcilia con lo scorrere del tempo, ricordando che davvero, come scrive lei, basta poco per essere felici.
Una serenità di fondo che riporta a ciò che abbiamo ascoltato qualche giorno fa, dallo scrittore Alessandro Baricco, sulla virtù del «lasciare andare». Ad ogni dono, infatti, fa da eco una iattura. Chi ad esempio riceve dalla fortuna il regalo degli anni - come Maria - deve mettere in conto di congedarsi da molti, compresi coloro che si amano di più. Ecco perché, per conservare serenità, bisogna imparare a non trattenere, a «lasciare andare» appunto, senza aggrapparsi a nulla, ma godendo appieno ogni singolo istante, perché soltanto così non passerà mai). (g.bar.)
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