Non soltanto disagi Sui bus «viaggia» la nostra sicurezza

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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Sono una signora di 54 anni che non avendo la patente usa i mezzi pubblici e dopo 5 anni di disservizio e di lamentele al Tpl ho capito che ognuno si deve prendere le proprie «colpe», perché esiste l’azienda Sia Arriva e deve rispondere su ciò che sta accadendo e che, da quando sono iniziate le scuole, è diventata una cosa ai limiti della realtà.

L’altra mattina su un pullman delle ore 7 scendendo da Sarezzo verso Brescia eravamo incollati uno all’altro e perfino (come quasi tutte le mattine all’ora di punta) sugli scalini d’entrata e uscita col pericolo di scivolare. Sicuramente, se riferissimo ciò alla Sia Arriva, per risposta otterremmo che gli autisti non devono andare oltre il limite consentito. E allora noi passeggeri, lavoratori studenti ecc. rispondiamo a gran voce che non devono incolpare gli autisti, perché venissero loro, i «direttori» della Sia, a decidere chi deve recarsi a scuola, o al lavoro, o alla stazione, o a fare una visita in ospedale e chi no.

Sono cresciuta con la convinzione «assurda» che in Italia il diritto al lavoro e all’istruzione fosse sacrosanto, ma più passa il tempo e più mi rendo conto che non è così, perché chi si occupa dei mezzi di trasporto ci sta togliendo ogni diritto al lavoro e all’istruzione, causando ritardi e mettendo a disposizione mezzi il più delle volte sporchi e non in sicurezza causa sovraccarico. Come se non bastasse molte volte non potendo salire sui mezzi molti studenti «minorenni» restano a lungo alle fermate, in più il sovraccarico degli studenti può essere pericoloso in quanti non si ha visuale nella salita e discesa degli stessi.
Nadia Teresa Belleri
Sarezzo

Cara Nadia,

abbiamo una certezza: se davvero fischiassero le orecchie per ogni chiacchiera, mormorio o invettiva, i vertici di Arriva resterebbero comunque imperturbabili, sordi quali sono a qualsiasi protesta o critica.

Almeno qui, tuttavia, vorremmo andare oltre le responsabilità di chi ha vinto l’appalto del trasporto pubblico, chiamando in causa chi lo ha concesso e che dovrebbe vigilare affinché tutto proceda a regola d’arte e non come capita. A indispettirci, nella sequela di disagi che si verificano, è proprio la sensazione che non solo non esista «un giudice a Berlino», ma neppure un controllore in Provincia. Ora, è vero che ci sono state le elezioni, è vero che la vicenda è complessa, ma la politica non può lavarsene le mani, come fosse un contenzioso tra cittadini e società privata. «Responsabilità» in questo caso è vocabolo che va chiamato in causa, senza omertà, astuzie o scaricabarili. Anche perché, come dice bene lei in coda alla sua lettera, oltre al servizio, a repentaglio c’è pure la sicurezza. E l’investimento di un paio di giorni fa, a Idro, ne è la bruciante conferma. (g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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