Noi, madri e single senza sostegno. Chiediamo dignità

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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Siamo quattro donne bresciane, tra divorziate, e single, che ogni giorno lottano per crescere le proprie figlie con dignità e coraggio. Abbiamo storie diverse ma una realtà in comune: siamo sole a far fronte a troppe responsabilità, troppe spese e nessun vero sostegno. Una di noi gestisce un centro benessere da oltre 10 anni. Un’attività costruita con passione e sacrifici, oggi messa in ginocchio dal peso fiscale che lo Stato continua a riversare sulle piccole imprese. Le altre cercano lavoro, ma si scontrano con un mercato che non riconosce più il valore dell’esperienza. E anche quando un’opportunità sembra esserci, passano mesi, a volte anni prima che si arrivi ad una reale assunzione. Nel frattempo si resta sospese, senza certezze, né reddito. Senza un vero futuro. In tutto questo, non riceviamo mantenimenti e non esistono aiuti concreti per le donne sole, divorziate con figlie a carico. Ogni piccolo bisogno diventa un lusso, ogni scelta un sacrificio. È logorante essere sempre forti. È umiliante rinunciare ai piccoli piaceri della vita, un caffè con un’amica, un cinema con le figlie, solo perché si è madri single, lavoratrici senza tutele e con troppe spese da sostenere. Non chiediamo carità, chiediamo ascolto. Riconoscimento. Dignità. Scriviamo con la speranza che la nostra voce non resti inascoltata. Un abbraccio a tutte le donne che non si arrendono, anche quando nessuno le vede.

Lettera firmata

Carissime, dignità è quella che vi guadagnate ogni giorno, lottando. E ascolto ve lo diamo volentieri, poiché insieme a un lamento descrivete una fetta ampia di questo mondo, la cui lacerazione è più profonda di quanto immaginiamo. Una società che ha perso dei punti di riferimento, senza sostituirli con un’armatura adatta ai tempi in corso. Vale per voi, madri e single, ma per altrettanti padri e single, costretti entrambi a dividere un pane che era già prima gramo. Vogliamo essere onesti: di soluzioni rapide non ne conosciamo, ma al netto della libertà e del rispetto per le scelte individuali - volontarie o forzate che siano - è una risposta comunitaria quella che può dare la svolta negli anni a venire. Un comprendersi ed aiutarsi reciproco, affinché la povertà economica non diventi anche relazionale e non si creino cittadini di serie A e di serie B, a seconda di anagrafe, genere e censo. (g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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