Niente pacchetti, a Natale regaliamo un’esperienza

Con l’avvicinarsi delle festività assistiamo ogni anno allo stesso copione: una pioggia incessante di spot pubblicitari ci indica cosa regalare ai figli, ai nipoti, ai parenti, a chiunque. Un bombardamento continuo che finisce per farci credere che la felicità sia tutta racchiusa dentro un pacchetto, preferibilmente grande, costoso e - ahimè - subito superato. Da mamma con figli ormai grandicelli, sento il bisogno di fermarmi un momento, pormi una domanda che oggi sembra quasi fuori luogo, ma che invece meriterebbe di stare al centro: che cosa conta davvero? Che cosa resta, quando il rumore si spegne? Parlando con i miei figli mi ha colpito una cosa: a distanza di anni non ricordano un telefonino nuovo, i Lego o una delle tante bambole ricevute a Natale. Ricordano invece, con sorprendente chiarezza, i dettagli di avventure vissute insieme: gli oggetti passano, le esperienze restano, perché diventano ricordi comuni e pezzi della nostra storia familiare. Forse perché i giocattoli appartengono a una stagione che passa in fretta, mentre i viaggi diventano parte della nostra storia. Gli oggetti si consumano e si dimenticano: le esperienze, soprattutto se condivise, continuano a tornare alla memoria anche dopo molti anni. Che siano stati viaggi brevi o lunghi, vicini o lontani, in Europa o in America, ciò che resta non sono le mete «importanti», ma i momenti condivisi. Una gita in barca sul lago d’Iseo, un volo interminabile, una strada sbagliata, una città scoperta a piedi, una stanchezza improvvisa, una risata fuori luogo. «Ti ricordi quando...?», «Ti ricordi quella volta che...?», «Che ridicola la mamma in quell’occasione...». Ed è proprio lì che si costruisce la memoria. In viaggio un bambino non ti vede più solo come la mamma che rimprovera per i compiti o che controlla l’orario. Ti vede come un compagno di viaggio: uno che ride, che ha paura dell’altezza, che si perde, che improvvisa e risolve situazioni. E questo cambia tutto. Penso che i bambini che vedono luoghi nuovi crescano con meno ansia, allenati all’adattamento, con un pensiero più flessibile e meno paura di affrontare le sfide della vita. I viaggi creano storie condivise. E tra vent’anni, seduti a tavola, di certo non parleremo dei voti a scuola (o forse anche di quelli), ma torneremo a dire: «Ti ricordi quando...». Le famiglie che condividono storie rafforzano il loro legame. In viaggio si impara a trovare soluzioni insieme, a cambiare programma, a inventare un piano B quando il piano A non funziona. Si scopre che il mondo non è così spaventoso come spesso viene dipinto dalla televisione, ma è grande, aperto, e che molti limiti esistono soprattutto nella nostra mente. E poi c’è il tempo. In viaggio il tempo rallenta: ogni momento è pieno, vivo, caldo. A casa, invece, il tempo vola, inghiottito dalla routine quotidiana - scuola, compiti, sport, sonno - e all’improvviso i bambini hanno diciotto anni. Forse allora, in mezzo a tutto questo rumore natalizio, vale la pena fermarsi un attimo e chiederci che tipo di ricordi vogliamo davvero regalare ai nostri figli. Perché i pacchetti si scartano in un attimo, ma le esperienze condivise diventano storie di famiglia che durano per tutta la vita.
Susanna FantinoBrescia
Cara Susanna, nell’orda dei consigli per gli acquisti, peschiamo volentieri il suo. Davvero le «esperienze condivise» durano per tutta la vita e possono essere il miglior regalo. A un patto: che siano gustate appieno, non accumulate una sull’altra, come riempendo in apnea un carrello. Che a ben pensarci, che si tratti di un viaggio, di un film da vedere insieme al cinema, della cena in un ristorante o di una partita allo stadio, ciò che doniamo e riceviamo noi stessi in dono è proprio quanto esiste di più prezioso e mai andrebbe sprecato: il tempo. (g. bar.)
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