Netanyahu e Putin. Una similitudine che non condivido

Chiedo spazio dopo aver letto nell’edizione di venerdì l’analisi condotta dal professor Leonida Tedoldi tesa ad avvalorare la «tragica» similitudine, a suo dire, riscontrata e riscontrabile tra Netanyahu e Putin di cui finalmente anche l’Europa si sarebbe resa conto condannando Israele con 17 voti a favore e 9 contrari, tra i quali, deprecabili, Italia (per «una questione ideologica») e Germania («posizione ormai incomprensibile»). L’accanimento con cui il mondo occidentale si sta scagliando contro Israele meriterebbe un’analisi ben più approfondita ed oggettiva che però in pochi, oggi, sono disposti a fare, pena il linciaggio mediatico che oscura ogni accenno di verità e riporta in auge luoghi comuni e stereotipi antisemiti generati ad arte e supportati da foto fuori luogo e fuori data, numeri incontrollabili sui morti, reportage «truccati» ma ben confezionati, vittime infanti prima sbandieriate e confermate, poi solo ipotizzate e, infine, marginalmente, smentite... e nessuno riflette sull’odio che l’oceano di menzogne e violenza contro l’ebreo può ingenerare rafforzando il mai sopito sentimento di ostilità ideologica e complice indifferenza. Nessuno, credetemi, vuole minimizzare o, peggio, banalizzare le conseguenze, gravi e deprecabili di una guerra, iniziata, ricordiamolo, il 7 ottobre 2023 con l’invasione improvvisa di uno stato democratico - l’unico del Medio Oriente, occidentale, libero, multietnico, strenuo difensore di rifugiati arabi e palestinesi in odore di condanna per i propri orientamenti sessuali - che ha visto lo sterminio, in poche ore, di 1.200 persone, stupri di massa, decapitazioni di neonati, rapimenti di donne, anziani, infanti... Le voci di condanna si sono disperse in pochi rivoli di nessuna importanza per esaltare invece manovre di propaganda e manipolare non solo l’opinione comune ma anche quella di «esperti» analisti che trasformano la verità (e la storia che nessuno vuole approfondire e studiare) in pericolosa storiografia che alimenta, spero almeno inconsapevolmente, odio e ipocrisia. Tutti tendono a dimenticare i 58 ostaggi (o quello che resta di loro) che Hamas si rifiuta di restituire e che, se rilasciati, consentirebbero una tregua permanente; in tanti ignorano che gli aiuti alimentari fino a ieri erano appannaggio di Hamas per controllare e vessare gli abitanti di Gaza; Israele viene accusata di genocidio e violazione sistematica delle convenzioni di guerra internazionali quando è l’unica potenza che «avverte», sempre, la popolazione di azioni imminenti chiedendo l’evacuazione; nessuno condanna Hamas (nonostante le prove esibite e documentate in ogni sede diplomatica) che si fa scudo di ospedali, scuole, sedi Onu per nascondere depositi di armi e terroristi; nessuno vuole prendere atto che Hamas impone nel proprio statuto l’eliminazione di ogni ebreo fino all’ultimo esemplare. Si invocano 2 stati per 2 popoli ma finora, e dal 1948, nessun governo palestinese ne ha mai garantita l’effettiva volontà, preferendo sempre le azioni terroristiche alla pace. Si demonizza il primo ministro israeliano colpevolizzandolo di ogni male possibile, ma ogni primo ministro di uno stato democratico qualsiasi ha l’obbligo di difendere e proteggere i suoi cittadini, l’avrebbe fatto anche l’on. Conte, mi auguro, senza portarsi a casa l’accusa infamante di essere un guerrafondaio fascista o nazista. È strano, la marcia indetta ieri dalle «Donne in cammino per la pace» nella nostra città, riportava della «immane strage fascista israeliana», aggettivazione curiosa forse per i più, ma gravissima se tollerata in una città come Brescia che ha sposato, con deliberazione Consiliare, la definizione di antisemitismo dell’Ihra del 2016. Certo, oggi dalla Loggia sventola un lenzuolo assai eloquente... sarebbe stato altrettanto significativo illuminare il Palazzo in memoria dei piccoli Bibas, ma... Forse il caro concittadino, e arnaldino, prof. Tedoldi potrebbe rammentare in articolo da che parte stesse il gran muftì di Gerusalemme - che peraltro ancora ignorava di essere palestinese ma si considerava più semplicemente arabo (ci avrebbe pensato vent’anni dopo il nipote Arafat a inventare uno schema e un abbigliamento identitario, ben riuscito peraltro), ospite di Hitler per una strabiliante e profondamente nazista intesa sull’eliminazione degli ebrei nel mandato britannico (la stessa identica cosa che vuole Hamas). Un’ultima considerazione: il presidente Macron risponde a Netanyahu che la Francia è determinata a combattere l’antisemitismo e a smantellare Hamas «un’organizzazione terroristica ed eliminarla definitivamente dal futuro politico di Gaza». Bello e pure bravo, ma, pare, anche molto arrabbiato per la fuga di notizie sul radicamento del Movimento Fratelli musulmani in Francia e l’incapacità dei suoi ministri nel trovare soluzioni su come affrontare il fenomeno. Ma come? Non sa come smantellare i Fratelli Musulmani a casa sua ma suggerisce a Israele che per smantellare Hamas bisogna fermare la guerra. Qualcosa non torna. Chiudo con un auspicio: che a Gaza la guerra finisca presto e si spezzi la catena d’odio instillata in quella terra fin dall’età più innocente. Che si facciano avanti le generazioni di palestinesi pronti a ricostruire, non solo gli edifici, ma i rapporti e i legami, quelli che prima del 7 ottobre ancora esistevano. L’inno di Israele è la Speranza, e dura da 5.785 anni.
Flavio CasaliPresidente dell’associazione Italia Israele di Brescia
In questa circostanza, vista la delicatezza della questione e l’appunto che viene fatto ad un preciso articolo pubblicato sul giornale, diamo l’opportunità di rispondere direttamente all’autore, Leonida Tedoldi. «Caro Casali, una delle regole non scritte della diplomazia risiede nell’idea che prima di sedersi ad un tavolo negoziale sia necessario conoscere l’avversario. Evidentemente lei non ha letto nessuno dei miei articoli sul nostro argomento usciti negli ultimi mesi del 2024, compreso quello sull’IHRA. Se l’avesse fatto si sarebbe accorto che alcuni professori universitari come me, che lei non apprezza in quanto intellettuali, immagino anche salottieri, che si occupano di relazioni internazionali, - io sono anche uno storico di professione -, argomentano in base a delle analisi frutto di ricerche della comunità scientifica e non in base a furore ideologico, soprattutto antisemita. Ella ha scritto una lettera ai miei occhi difensiva su cui non posso che essere d’accordo in prevalenza (salvo qualche accento ideologico, ad esempio contro il presidente Macron, perché non la pensa come lei), ma che però non critica le mie affermazioni, ma solo mi punzecchia in quanto professore universitario, quindi non nel merito di quello che ho scritto. Le responsabilità del governo Netanyahu sono sotto gli occhi di tutti e nessuno Stato al mondo, compreso Israele, può ritenersi al di sopra del diritto internazionale e delle autorità giudiziarie internazionali, come invece sta facendo da tempo, e questo anche di fronte a una brutale resistenza che non rispetta alcuna convenzione o regola di ingaggio militare, come ho scritto diverse volte. Anzi trova nel sangue la sua ragione di sopravvivenza. Infatti, anche per questo, diversamente da ciò che ha scritto lei, i capi di Hamas sono stati indagati dalle autorità giudiziarie internazionali. Netanyahu è molto lontano dai leader del partito laburista israeliano come Rabin, Peres e Barack che furono veri costruttori di Pace. Il suo governo ormai ha imboccato la strada della democrazia di potenza, facendo leva sulla deterrenza nucleare, come altre potenze egemoniche naturalmente, e soprattutto strame del diritto internazionale umanitario, compiendo crimini di guerra quotidiani. Ed è anche su questo che deve confrontarsi il dibattito politico. Se mi consente un’ultima questione. Io sono un orgoglioso arnaldino, lo rivendico, ma quasi solo per il fatto che in quel Liceo sono stato allievo di un professore che mi cambiò la vita: si chiama Oscar Ianowitz».
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