Necessario tornare in aula, adottando misure concrete

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Manca l’ufficialità, ma sembra che sia pressocché scontato che gli studenti resteranno lontani da scuola fino all’anno nuovo. Così come sembra che dal 3 dicembre riapriranno tutti i locali e i negozi, gli impianti sciistici: si pensa al Natale. Mentre ci prepariamo a questa sfida per vivere un Natale più «sobrio», qualcuno pensa a gennaio, con una sorta di preoccupazione. Noi, che nella scuola operiamo, che abbiamo chinato la testa dinnanzi al numero dei contagi e accettato di sacrificare il benessere delle giovani generazioni prolungando ad interim la Dad (quando in realtà la situazione attuale era un disastro annunciato ad agosto 2020, con la ripresa del turismo irresponsabile di intere famiglie comprensibilmente desiderose di vacanza e con l’altrettanto sfrenata movida, culminata nella riapertura delle discoteche!) che abbiamo sostenuto con sforzi notevoli la riapertura «in sicurezza» di settembre e che stiamo sostenendo quotidianamente, con altrettanti sacrifici, la didattica a distanza, ci domandiamo come mai non vengano ipotizzati né a livello politico né a livello mediatico scenari di riapertura delle attività didattiche in presenza. Gli studenti sono o no la priorità? Cosa si sta facendo per riaprire le scuole? E soprattutto per farle rimanere aperte fino alla fine dell’anno scolastico? La richiesta di tornare nelle aule da parte di alcuni studenti italiani non è una semplice esibizione, ma una manifestazione legittima di un vissuto di stress, di mancanza di motivazione, di scarsa resistenza nei confronti di una scuola «a metà», e rappresenta un atto di esercizio di cittadinanza e di conoscenza della Costituzione. I media descrivono in continuazione la serietà della situazione sanitaria, il governo si affanna per elargire con equilibrio ristori e aiuti a chi sta soffrendo la crisi economica, ma non una parola sulla risoluzione del problema scuola. Soprattutto se la Lombardia diventerà zona arancione a breve, ci piacerebbe proprio che ci fosse una visione lungimirante e un’ottica preventiva nella gestione del diritto all’istruzione. Per mettere al centro la scuola è indispensabile riprendere in mano i problemi che hanno comportato la chiusura (preventiva) degli istituti: trasporti e tracciabilità dei contagi. Chiediamo pertanto: 1 - che la scuola Secondaria di primo grado, in relazione alla situazione delle singole province e specialmente se situata in territori piccoli, raggiungibili senza mezzi pubblici e più monitorabili dal punto di vista dei contagi, sia completamente riaperta; 2 - che si eseguano il prima possibile, almeno dall’inizio di gennaio, e in larga scala, ma soprattutto per la Secondaria di secondo, grado tamponi «veloci» a tutti gli alunni e al personale della scuola, in modo tale che sia attuato indirettamente anche un monitoraggio sugli eventuali casi di positività nelle famiglie; 3 - che si prendano fin da ora accordi stabili con le varie compagnie del trasporto pubblico e privato in modo da permettere le tutele già contrattate da parecchi istituti scolastici durante l’estate sulle percentuali degli studenti trasportati e per l’ingresso e l’uscita scaglionata degli alunni. È curiosa la concomitanza di queste richieste con il periodo prenatalizio... non vorremmo, tuttavia, che le stesse fossero intese come una letterina utopistica a Babbo Natale o alla Befana!

// Elena Ginevra, Maria Cristina Leone, Carla Pelò, Annachiara Ferlinghetti, Christina Ferlinghetti, Arianna Baresi, Caterina Melley, Bruna Li Destri Nicosia, Alessandra Fassina, Maria Grazia Avena, Barbara Amadei, Nicoletta Fiotta, Lucia Verzeletti, Daniela Parzani, Paola Slompo, Alessandra Buffoli, Alessandra Melchionda, Marina Schioppetti, Maria Sarnico, Mauro Archetti, Leonardo Sardini, Rossana Belotti, Laura Belli, Giuseppe Mavica, Michaela Allegri, Marzia Possoni, Michele Verzino, Elisabetta Crotti, Roberto Trasarti-Battistoni, Silvia Mazzarella, Simona Cristini, Tiburzi Roberta, Anna Maria Mazzani, Valter Novali, Luca Lissignoli, Valeria Masetti, Laura Lorini, Luisa Colosio, docente Elisabetta Borghesi, Marina Schiopetti, Daniela Masin, Maria Pintossi, Anna Maria Riviera E poi non si dica o scriva «è un’emergenza!» Le considerazioni di questi operatori della scuola - inviate a premier Conte, ai ministri Azzolina, Speranza e De Micheli, al governatore Fontana e agli assessori Gallera e Rizzoli, all’Ats Brescia, all’Ust Brescia e ad alcuni sindaci - sono più che condivisibili e invitano non solo a riaprire le scuole, ma anche a cercare soluzioni definitive alle criticità che avevano portato alla loro chiusura. Il rischio di diventare come quel cane che si morde la coda e gira su se stesso è reale. Tutti sostengono che mettere al centro della ripresa le scuole è da considerare una priorità, ma le questioni aperte sono ancora molte e con distinguo mai contemplati. Neppure la «questione trasporti» - vera causa dell’adozione generalizzata della didattica a distanza - registra passi in avanti. Anzi, somma problemi nuovi a quelli vecchi mai affrontati. Non è emergenza, semmai deficienza cronica. E sappiamo bene che né Babbo Natale né la befana ci potranno essere di aiuto. (n.v.)

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