Morte del Duce: i tanti perché e gli errori
Il 29 aprile, sessantacinque anni fa i Partigiani portarono il cadavere di Benito Mussolini a Milano e lo appesero per i piedi, assieme all'amante Claretta Petacci, in Piazzale Loreto. La gente si accanì su quei corpi. Come lei ben sa, il luogo non fu scelto a caso, si decise di scaricare i cadaveri nel lato della piazza in cui il 10 agosto 1944, per rappresaglia, i tedeschi avevano fatto uccidere dai fascisti quindici partigiani. I corpi degli uomini erano stati lì abbandonati in custodia a militi fascisti, che li avevano dileggiati e lasciati esposti al sole per l'intera giornata, impedendo ai familiari di raccogliere i loro resti. La scelta dell'esposizione dei corpi venne ritenuta discutibile e nessuno si assunse la responsabilità dell'ordine. Tuttavia io non credo che sia stato questo l'errore. Lo sbaglio, anzi gli errori, poiché io ritengo siano stati due, vennero fatti dopo, quando si permise l'affissione di una croce nel luogo in cui furono fucilati il gerarca e la Petacci, e quando la salma venne riconsegnata alla famiglia per essere seppellita. Certo, ricordare il luogo di decesso di un uomo e darne sepoltura, è un atto di umanità e comprensione nei riguardi della famiglia, ma nel caso di un dittatore, quale Benito Mussolini è stato, è servito solamente a dare il via libera alla sua mitizzazione. Ora, nostalgici fascisti di ogni generazione hanno un luogo ove venerare lui e la sua ideologia. Ai telegiornali si vedono sfilare, vestiti di nero, non credo per il lutto, uomini e donne, più o meno giovani, accompagnati dai loro pargoli, reduci e non, sul luogo della sepoltura. Nel cimitero di San Cassiano in Pennino, vicino a Predappio è sepolto in un sarcofago in una cripta, circondato da cimeli, fiori, bandiere e mezzibusti, ora è diventata una sorta di mausoleo, visitato ogni anno dai suoi «adepti» di nero vestiti. Quale miglior servizio per un uomo che visse e si beò del culto della sua stessa persona- lità? Ora mi chiedo, se la legge del 20 giugno 1952, n. 645, anche detta «legge Scelba», prevede il reato di «Apologia del Fascismo», che all'articolo 4 sancisce come commesso da chiunque «pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche», perché queste persone non vengono punite? Perché abbiamo dimenticato l'omicidio Matteotti? Perché non commemoriamo più i 42 fucilati nel ventennio, coloro che subirono 28.000 anni di carcere e confino politico, gli 80.000 libici sradicati dal Gebel e condannati a morire nelle zone desertiche della Cirenaica, i 700.000 abissini uccisi nell'impresa etiopica e nelle «operazioni di polizia», i 350.000 militari caduti o dispersi nella Seconda Guerra mondiale, i 45.000 deportati politici e razziali nei campi di sterminio, 15.000 dei quali non fecero più ritorno, i 640.000 internati militari nei lager tedeschi di cui 40.000 deceduti, i 110.000 caduti nella Lotta di Liberazione in Italia e all'estero? Perché non li onoriamo punendo coloro che esaltano le ideologie che li condussero alla morte e alla prigionia? Queste sono le mie domande cui, onestamente non so dare risposte e, mi creda, per me, antifascista che abita a Salò, sapere il perché di così poca e breve memoria è veramente importante, e spero che Lei sappia illuminarmi in proposito.
Cristina Orsi
Salò
Separerei le indiscutibili dinamiche della storia che meritano giudizi chiari e inequivocabili, dalla pietà per gli uomini, soprattutto nella morte. Le responsabilità assunte nella storia restano della storia, vanno studiate e giudicate. Il resto non attiene agli uomini. Vietare la pietà per i morti non aiuta a combattere quanti se ne servono per i loro piccoli disegni politici. I morti restano morti, fortunatamente.
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