Montebello-Garza zona dimenticata. Noi ci indigniamo

Lettere al direttore
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Estate a Brescia: benvenuti nella zona Montebello-Garza, dove la realtà supera la satira. C’è chi sogna le Maldive, chi Cortina, e chi – con un pizzico d’invidia – si accontenta del distretto Montebello-Garza: un autentico resort a cielo aperto, dove la decadenza urbana si fonde con il folklore del degrado. Tra pozze stagnanti di liquido non identificato (più resistenti della siccità), marciapiedi degni di una tappa alpinistica del Giro d’Italia, e sentieri urbani incorniciati da foglie fermentate e rifiuti vetusti, si snoda un itinerario alternativo per turisti coraggiosi. Si parte da via Tartaglia, si costeggia il Garza in versione «bagni pubblici», si sfiora la Villa Ottaviani – ormai sito archeologico a cielo aperto – e si arriva in via Montebello, dove ogni metro quadrato è una trappola per caviglie. Il profumo? Un bouquet unico di erba stantia, umido stagnante, rifiuti mai raccolti e senso civico evaporato. Le pulizie? Solo nei giorni precedenti ai sopralluoghi. Il resto del mese si lascia alla biodiversità. Tra le attrazioni più apprezzate dai residenti: siringhe a pochi passi dai portoni, bivacchi giorno e notte, risse sporadiche, gente che si lava nel fiume e parcheggi gestiti da ignoti con metodi alternativi. Bonus: la segnaletica stradale cambia ogni settimana, e se parcheggi «sperando nel buon senso», rischi pure la multa. I posti residenti si sono ristretti, ma gli slogan istituzionali, invece, si allargano. Negli ultimi giorni, anche il diritto di segnalare è diventato un rischio. A chi prova a fare una foto con il cellulare capita di essere minacciato da chi presidia stabilmente il territorio. Come documentato da più cittadini, alcuni residenti sono state avvicinate e aggredite verbalmente, con tanto di minaccia fisica e intervento urgente delle forze dell’ordine. Nulla di nuovo, se non il fatto che adesso si mette a rischio la propria incolumità anche solo documentare ciò che è sotto gli occhi di tutti. Il punto non è più solo il disagio. È la rassegnazione. È il silenzio. È il teatrino delle «competenze» che si rimpallano mentre tutto peggiora. È la farsa delle promesse di passaggio e delle chiacchiere da baraccone. Siamo cittadini. Non comparse. E se resta solo la scrittura per non annegare in questa palude civile, allora scriviamo. Con ironia, sì. Con amarezza, anche. E soprattutto con dignità, in attesa che qualcuno restituisca il diritto a vivere con decoro.

Alcuni cittadini indignati

Carissimi, apprezziamo l’ironia - anche se sarebbe più corretto chiamarlo sarcasmo - consapevoli che così come Roma non è stata costruita in un giorno, neppure la zona Montebello-Garza può trasformarsi in uno schiocco di dita da periferia degradata a modello di urbanità e convivenza. Importante però è tracciare una rotta e cominciare dal primo passo: riconoscere il problema. Tutti. Gli abitanti per primi, rimboccandosi le maniche e facendo la loro parte, mettendoci la faccia. Le istituzioni al loro fianco, compartecipando con gli strumenti che sono propri di una comunità, dal controllo alla vigilanza, dalla promozione di una cittadinanza attiva alla messa a disposizione di risorse comuni. Tutto insomma, fuorché il silenzio. Di «palude civile» infatti non si muore, ma ci si ammala. (g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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