Martinazzoli, la forza del pensiero

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Mino è morto… un anno fa. Mino è vivo. Partecipare ad una Santa Messa partecipata da numerose autorità, da numerose persone comuni e officiata da tre colonne della Chiesa bresciana, può essere interpretato come un gesto commemorativo rilevante, ma ascoltare le parole di Don Armando Nolli lo è stato di più.
Vedere la sala Piamarta stracolma di facce della politica bresciana conosciute e no può essere considerato un «sintomo» positivo di una memoria che ancor viva in Brescia e in Italia non si affievolisce. Ma le parole di Tino Bino e di Castagnetti, in questa occasione, lo sono state di più.
Richiamare la «potenza» del pensiero e della testimonianza umana e politica di Mino, supportata dalla sua inquietudine alimentata dal senso del vivere, può scandirsi certamente in ricordi, a volte inediti, di un'esperienza politica e istituzionale «unica», forse scomoda, certamente ancora ampiamente inesplorata o letta affrettatamente e superficialmente. Ricordi di un pensiero» che ancora genera e alimenta le azioni di chi, avendo statura, sa raccoglierlo. Pochi? No, forse solo immersi fra limiti di coraggio e di libertà di pensiero. Spesso ci si limita a leggere un solo fatto ponendolo al centro di una riflessione e rendendolo totalizzante. E così l'enciclopedica elaborazione di Mino, viene circoscritta ad un fatto, o a pochi eventi, che possono essere letti da angolazioni diverse, deformandoli, soprattutto da chi quegli eventi li ha vissuti come protagonista. Pensiamo al «famoso» fax inviato alle «ceneri» di un tribunale improvvisato, di un partito in auto decomposizione, la Dc., riunitosi dopo la sconfitta elettorale. Oppure richiamando il difficile, drammatico passaggio dalla Dc al Partito Popolare, da Lui sofferentemente gestito, decidendo però di fermarsi al capolinea dei conflitti fini a se stessi.
In pochi coprotagonisti di quel tempo hanno saputo fare un severo esame di coscienza e come Mons. Carron col Cardinal Martini chiedere scusa. Saper scusarsi, lo sappiamo, è solo dei grandi.
Pochi, in questa seconda repubblica deformata e deragliata, hanno «ripassato» i capitoli di un tempo babelico che sembra non finire mai. Prevale, nei più, l'ostinazione a frequentare la caotica torre dei vizi senza contrappeso delle virtù o delle caotiche strumentalità personali prive di fondamenta e statura ideale e progettuale.
Certo, il «pensiero» di Mino non è per tutti. Lo è principalmente per quelle menti che non si entusiasmano di fronte a interessate, strumentali o caciarone profezie salvifiche della società o non intendono rassegnarsi al degrado. La società, la politica… l'Italia, l'Europa hanno una sola strada, ce la indica Lui, per riprendere il cammino di civiltà che le hanno rese fari della democrazia, recuperare la libertà del pensiero ringiovanito, ispirato, paziente e instancabile della millenaria storia cristiana. Se il Cardinal Martini ha evidenziato un ritardo della gerarchia della Chiesa di fronte a vivere e testimoniare le novità del Concilio, Mino in ogni suo scritto a «denudato» quei personalismi fini a se stessi e quel pensiero corto che ha fatto arretrare la politica italiana di 100 anni.
Le sue «domande», alcune recuperate e amplificate da Tino Bino, non possono cadere, pertanto, in un vuoto senza speranza. Arenarsi in «Todi» divise ancor prima d'esser celebrate o in povertà che non riescono più a trovare la via dell'unità, valorizzata dalla diversità. Incepparsi in distinguo e scelte di campo, fuori dal campo. Consumarsi in competizioni su chi deve «gestire» le riserve e le derive della comunità.
Io non so se la proposta presentata da Tino di costituire una fondazione nazionale diffusa, partecipata, libera, priva di etichette e popolare, potrà dare i suoi frutti. Divenire cioè strumento ispiratore di «ricominciamento». La ritengo una inderogabile necessità per aiutare la ricerca di chi vuole incontrare un grande statista e politico italiano che forse non sarà ricordato per le grandi opere realizzate o per aver ricominciato a semplificare la macchina pubblica dalle buste, ma sarà «studiato» per quel «pensiero della vita e della politica» che va oltre le congiunture temporali. Quel «Pensiero» che da solo qualifica «il servizio politico e la qualità della rappresentanza popolare», che va oltre il nostro tempo.
Un pensiero talmente solido che anche le prossime generazioni potranno incontrare e «vivere».
Mino è andato avanti un anno fa… Mino è, e sarà, sempre con noi.
Mario Braga
Manerbio

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