Maestra Gabriella Un’insegnante all’avanguardia

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Ci sono esperienze che si imprimono indelebili nella nostra mente. Anni Sessanta. Quando molti maestri e maestre di scuola elementare utilizzavano strumenti coercitivi per educare e punitivi a livelli oggi impensabili, c’era chi come me ha avuto la fortuna di avere una maestra capo scout e di vivere un’esperienza straordinaria. Forse, oggi, quelle che sto ricordando, sono attività comuni e diffuse, ma allora era per noi un’esperienza unica e per certi aspetti all’avanguardia, contrastata da alcuni genitori che consideravano alcune attività una perdita di tempo. Ci ha insegnato la lingua italiana e la geografia, facendoci cantare nei dialetti locali, raccogliendo le cartoline con i costumi regionali, abbiamo sperimentato in cucina (la sua) i piatti tipici, le ricette, i prodotti delle varie regioni. Abbiamo sperimentato la natura camminando sui Ronchi e in Maddalena, divisi in gruppi, riconoscendo i segnali lasciati lungo il sentiero da coloro che erano nel gruppo che ci precedeva. Abbiamo costruito erbari e studiato la natura osservandola nel piccolo giardino e sui colli bresciani. Abbiamo imparato persino alcuni brani in latino, tradotti e spiegati. Abbiamo recitato numerose poesie imparate a memoria, raccontate a più voci, con espressione, con effetti sonori, con accompagnamento musicale. Abbiamo con lei abbellito ad ogni stagione la nostra aula riempiendo le pareti di rondini in primavera, di foglie in autunno, di neve in inverno. Costruito maschere con la carta pesta realizzata in aula, facendo macerare la carta in modo opportuno. Un angolo della classe era adibito alla lettura e alla riflessione, per i momenti di intervallo tra il mattino e il pomeriggio, con una cassetta dedicata alla posta per comunicare i nostri piccoli segreti a lei, per «spedire» i nostri pensieri, le difficoltà incontrate, i problemi che ci tormentavano, direttamente a lei. E lei ci rispondeva, consolava, incoraggiava. Quando eravamo stanche, ci faceva incrociare le braccia e, giorno dopo giorno, ci raccontava una storia che a me pareva meravigliosa e che, crescendo, nei successivi anni della scuola media, ho scoperto di conoscere: erano l’Iliade e l’Odissea. Abbiamo cantato, tantissimo. Ogni giorno c’era un tempo dedicato al canto, generalmente a più voci. Ci ha insegnato a suonare la cetra e alcuni semplici strumenti. Abbiamo imparato la tolleranza, la collaborazione e l’amicizia. Così ho amato la scuola e il canto. Ho creduto in questa bellissima avventura e ho realizzato il mio percorso professionale: lo devo a lei. Grazie, maestra Gabriella Gadaldi.
M. G. Pesci

Carissima, il sentimento della riconoscenza è un filo rosso che lega molte delle lettere che riceviamo. La Sua aggiunge in più altra bellezza, quella dolce del ricordo, dei tempi che furono, di uno spaccato di vita che si fa leggere d’un fiato e riempie di ammirazione per decine di insegnanti. Sì, perché anche se può suonare strano, le maestre Gabriella fanno eccezione, ma non sono uniche. Ciascuno di noi, se ci si pensa, ne conosce almeno una. E, ciò che più conta, la gioia più grande è che di persone così, che credono nel valore del loro lavoro, puntano sulla creatività, stimolano intelligenza e curiosità, mettono al centro bambini e bambine, ragazze e ragazzi, ce ne sono tuttora.

(g.b.)

P.S. Lo so, a volte è difficile crederlo, spesso pare che oggi sia peggio di ieri e tutto vada a rotoli, ruzzolando rapidamente lungo una scogliera.

Cosa direbbe però in questo caso la maestra Gabriella? Si lascerebbe contagiare dallo sconforto, si limiterebbe a brontolare e scuotere la testa? Niente affatto. La lezione più limpida dei molti insegnanti di quella risma è la fiducia nel bene, nel bello, nello scorgere pur in tempi apparentemente bui una luce, una grandezza.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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