Ma quel Pgt è «revocato» o «annullato»?

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Il Consiglio comunale di Desenzano del Garda ha provveduto, nella seduta del 27 luglio ultimo scorso, ad approvare una deliberazione avente come oggetto: «annullamento - revoca deliberazione del Consiglio comunale n. 45 assunta dal 28 aprile al 1° maggio 2012 di approvazione del piano di governo del territorio». Ho trascritto testualmente l'oggetto, poiché mi è parso singolare l'abbinamento dei due termini: annullamento e revoca, per il ritiro di uno stesso atto, e poi riportati al 1° punto della parte dispositiva della citata deliberazione consiliare, però, curiosamente invertiti.

Ora, viene preliminarmente da chiedersi se valga l'oggetto della deliberazione oppure il dispositivo, i quali in ogni atto amministrativo devono essere espressi in modo non contrastante. Infatti, se è vero che l'annullamento e la revoca sono due istituti giuridici entrambi rientranti tra i così detti atti di ritiro di un precedente provvedimento (nel nostro caso la deliberazione consiliare n.45/2012) hanno però effetti profondamente diversi.
L'annullamento di un provvedimento amministrativo (tale è una deliberazione consiliare) consiste nel ritiro, con efficacia retroattiva, vale a dire dallo stesso giorno in cui è stato adottato, perché contiene vizi di legittimità: per violazione di legge, incompetenza, eccesso di potere(nel nostro caso dal 1° maggio 2012).

La revoca consiste essa pure nel ritiro di un provvedimento precedente, che però non è illegittimo, bensì inopportuno, per una diversa valutazione dell'interesse pubblico perseguito, in relazione alle circostanze di fatto esistenti al momento in cui l'atto è stato adottato. La revoca, a differenza dell'annullamento, non comporta un riesame di legittimità e, per tale motivo, è efficace dal momento in cui il ritiro viene pronunciato (nel nostro caso dal 27 luglio 2012). In sostanza, l'annullamento della deliberazione consiliare n. 45, del 1° maggio 2012, comporta l'inesistenza della stessa, poiché retroagisce al giorno della sua adozione: l'efficacia retroattiva si spiega tenendo conto del fatto che, essendo i vizi di cui è inficiato l'atto presenti fin dal primo momento, gli effetti del ritiro si riportano al giorno in cui la deliberazione consiliare di cui trattasi è stata adottata. Come dire, non deve avere cittadinanza nel mondo giuridico, per nessun tempo, un atto che sia sorto violando la legge. Se, invece, l'atto viene revocato (nel nostro caso la deliberazione consiliare) significa che è sorto legittimamente, privo da vizi di legittimità, ma che viene successivamente riconosciuto inopportuno, non conveniente o inadeguato, in base ad un diverso apprezzamento della situazione che aveva dato luogo alla sua adozione e quindi perde efficacia (nel nostro caso dal 27 luglio 2012). In altre parole: a seguito dell'annullamento la deliberazione è come se non fosse mai esistita, mentre a seguito della revoca essa vive per un tempo che va dal giorno in cui è stata adottata sino al giorno in cui è stata revocata. Pertanto, revocare una deliberazione consiliare dopo averla un attimo prima annullata configura una evidente contraddizione, in quanto risulta esercizio privo di logica revocare un atto che non esiste più. Tale è la situazione in riferimento all'oggetto della deliberazione consiliare, secondo il quale prima si annulla e poi si revoca; mentre, con il primo punto del dispositivo della citata deliberazione consiliare, si è ritenuto prima di revocare la deliberazione di approvazione del P.G.T. con la motivazione di una diversa valutazione dell'interesse pubblico, in modo da far cessare gli effetti giuridici della stessa al 27 luglio 2012 e subito dopo, motivando di avere trovato in essa anche vizi di legittimità, provvedere all'annullamento, essendo l'atto revocato ancora esistente. Poiché, nell'un caso e nell'altro si configurano due diverse situazioni, è quanto meno necessario adeguare l'oggetto della deliberazione adottata al dispositivo, onde evitare un possibile vizio di legittimità in riferimento all'elemento della volontà espressa dal Consiglio comunale, che risulta non univoca: quella dell'oggetto o quella della parte dispositiva? Tanto più che trattandosi di deliberazione coinvolgente rilevanti interessi pubblici e privati potrebbe essere portata da chi dovesse sentirsi danneggiato all'esame del giudice amministrativo per acclararne la legittimità.

Quanto segnalato potrà apparire ad alcuno un cavillo giuridico, ma l'esperienza che ho acquisito operando per molto tempo negli enti locali, al massimo livello tecnico, mi ha insegnato ad usare cautela e a non avere certezze assolute su materie delicate e complesse, quale è appunto l'urbanistica; prova ne sia che la stessa Magistratura su temi analoghi si è pronunciata, non sempre, con sentenze costanti.

Esterino Caleffi
Desenzano del Garda

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