L’onnipresente Renato ricorda sua mamma Giulia

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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L a notizia della scomparsa di mia madre Giulia Laini, avvenuta il 14 aprile 2005, era stata accolta con sentimenti di grande commozione in tutti gli ambienti democratici ed aveva provocato profondo dolore nelle file degli ex resistenti e degli antifascisti bresciani. Durante la sua lunga vita, era nata il 21 aprile 1911, fu testimone e protagonista di straordinari eventi che hanno lasciato una traccia profonda nell’evoluzione e nella emancipazione delle donne del mondo del lavoro. Fu tra le prime donne a battersi contro il nazifascismo partecipando alla lotta di Liberazione nazionale insieme a suo marito, mio padre, Giovanni Battista Bettinzioli, il quale ha pagato di persona subendo anche il carcere di Brescia dal quale è uscito nell’aprile 1945. Nei momenti più difficili attraversati dal Paese mia madre ammoniva che debbano essere sempre tenuti presenti, in ogni occasione, i dettati e le conquiste della Repubblica democratica nata da un movimento antifascista ricco di valori positivi, con una concezione della democrazia che ha al centro l’uomo. In questa visione i miei genitori hanno vissuto fin quando se ne sono andati in silenzio, in punta di piedi, con riservatezza e semplicità. Mi hanno lasciato, tra le tante eredità che non dimenticherò mai, un bell’esempio di stile e il fascino delle «affinità elettive». Nell’Italia di oggi c’è tanto bisogno di buoni esempi, non dimenticherò mai la preziosa eredità morale che mi avete lasciato. Ciao carissimi mamma e papà, grazie di tutto, siete sempre nel cuore dei vostri tre figli: Renato, Eugenio e Franco.
Renato Bettinzioli
Brescia

C

aro Renato,

e

ssendo uno dei più prolifici estensori - per altro amanuensi - di lettere, dobbiamo dosarne con giudizio la pubblicazione, qui.

Facciamo eccezione oggi per il carattere intimo, famigliare, di quanto scrive, rendendo memoria a sua madre e all’eredità morale lasciata.

Ogni tanto - dobbiamo esser sinceri anche su questo -, vederla arrivare, anzi, sentirla, poiché dall’atrio del Giornale il suo vocione si ode inveire, chiedendo motivazione sulle mancate pubblicazioni, ci fa perdere la pazienza e venir la tentazione di chiudere la porta.

Poi pensiamo però che un eccesso di esuberanza non può far velo sulla genuinità di fondo. E quando la incontriamo di persona, intravedendo nei suoi occhi bontà d’animo e mitezza, ricordiamo ciò che davvero conta.

Lo scriviamo oggi, dopo un 25 Aprile che come in quasi tutte le manifestazioni, lei s’è piazzato in prima fila, con stendardi e bandiere all’occorrenza.

Molti pensano che esagera, tuttavia se dovesse mancare noteremmo con rammarico l’assenza. (g. bar.)

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