L'omeopatia: un aiuto necessario

Medicina.
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Anche quest'anno (come da tradizione), a nome della Aob, mi rivolgo al suo (nostro) Giornale, per informare i colleghi e gli amici, medici e farmacisti, che l'Associazione omeopatica bresciana riparte colle lezioni del corso triennale (biennale per i farmacisti) presso il Centro Paolo VI, che ci ospita dal 2008. Le lezioni riprendono dal 24 ottobre 2010, per 8 domeniche mensili successive, per concludersi il 15 maggio 2011. In tutta franchezza dobbiamo dire che al Centro Pastorale VI ci siamo trovati particolarmente bene, e per l'ambientazione sobriamente elegante, e per l'accoglienza ed efficienza dei servizi collaterali: parcheggio interno gratuito, pasto convenzionato, facilità di accesso per chi proviene dalla provincia o dalle città vicine. Detto questo, desidero ribadire quanto pubblicato su «Brescia Medica» (numero di luglio) nella lettera indirizzata al presidente dell'Ordine dei Medici. L'importanza, cioè, di restituire al medico di famiglia in particolare, ed a chi si occupa della salute del prossimo in generale, il ruolo, oggi in gran parte perduto, di «regista» della strategia operativa. Sono anni che voci autorevoli della Medicina ufficiale insistono sull'importanza di ripristinare la centralità della «persona» (del paziente), per porre rimedio, almeno in parte, agli «inconvenienti» ed agli incidenti (purtroppo non rari) causati dalla iperburocratizzazione della professione medica e dell'assistenza sanitaria pubblica e privata. Si sente cioè sempre più la carenza della figura tradizionale del «dottore». La colpa non è tanto della classe sanitaria, quanto della riforma, attuata dalla politica, più di vent'anni fa, colla managerializzazione e burocratizzazione, pesanti, dei livelli direttivi delle strutture assistenziali: ospedali e cliniche, pubbliche e private. Se è vero che solo un intervento correttivo dall'alto può risolvere radicalmente il problema, è anche vero che una correzione dall'interno da parte della stessa classe medica, come auspicata ripetutamente dal dott. R. Mancini, presidente dell'Ordine dei medici, può migliorare notevolmente la situazione. Ora chiunque conosca la metodologia omeopatica classica sa che l'approccio al paziente, tipico dell'omeopatia, è basato concettualmente e come prassi operativa, sulla conoscenza del malato nella sua cornice psico-somatica globale. Seppure necessaria la diagnosi nosologica non ci basta per la prescrizione terapeutica, nei casi di patologia importante: cronica-recidivante, di eziologia psicosomatica, o degenerativa evoluta. Da ciò discende la necessità di studiare e valutare nel paziente tutti quegli elementi - oggettivi e soggettivi - i sintomi caratteristici-essenziali per tracciare la cornice biotipologica individuale. Ovviamente nei casi acuti, occasionali, banali, ci bastano i sintomi locali e quelli generali e, se riconoscibile, la causa. Chi conosce la scuola Aob, ricca di un'esperienza venticinquennale, sa che noi non usiamo il pendolino né altri approcci parascientifici, per la diagnostica e la terapia. Anzi, la semeiotica classica, oggi spesso trascurata anche in ospedale, a favore dei protocolli diagnostici previsti dall'alto, da noi è rivalutata ed «attualizzata» perché ci serve non solo per la diagnosi (o l'orientamento diagnostico) ma, direttamente, per la scelta del (o dei) rimedio. Scelta basata sulla similitudine tra i sintomi del paziente ed i sintomi sperimentali del rimedio. Nessuna abiura, quindi, per la diagnostica. E nemmeno per la terapia farmacologica quando essa risulti necessaria. Certo l'omeopata ricorre molto più di rado ad antibiotici, antiflogistici, analgesici, corticosteroidi, psicofarmaci, ipotensivi «eroici» etc., perché ben armata di rimedi che agiscono non «contro» il sintomo (soppressione), ma stimolanti in modo mirato le potenzialità reattive dell'organismo. E questo riduce, ovviamente l'incidenza di effetti collaterali, spesso pesanti. Voglio anche sottolineare che nel nostro corso, oltre all'omeopatia classica, è previsto l'insegnamento delle principali metodiche terapeutiche complementari, quali l'oligometalloterapia, la fitogemmoterapia e l'organoterapia complementari - spesso preziose - sia dell'omeopatia che della farmacoterapia tradizionale. Naturalmente ciò non significa che, nelle situazioni patologiche con compromissione gravissima delle grandi funzioni vitali, o nella patologia di competenza chirurgica, l'omeopata rinunci alle grandi possibilità di intervento della Medicina moderna. In conclusione l'omeopatia seria non pretende di sostituire la Medicina tradizionale, ma è ben conscia di poter allargare, efficacemente e notevolmente, lo spettro di intervento terapeutico della farmacologia ufficiale, senza effetti collaterali. Inoltre la conoscenza approfondita della metodologia classica, coll'impiego intelligente delle «alte potenze» ci dà la possibilità di intervenire efficacemente sui livelli più alti del Pnei, quando necessario. La consapevolezza di poter offrire ai nostri colleghi (soprattutto ai giovani) delle armi preziose per completare le loro potenzialità professionali, ci sprona a proporvi l'occasione del corso di omeopatia Aob, ricordando che anche per lo specialista settoriale, la capacità di riconoscere la cornice biotipologica temperamentale del paziente, ossia la sua personalità è, sempre, un arricchimento importante.

Dr. Vittorio Gatti
Presidente Aob

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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