L’odissea di Samira per curare un semplice dente

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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Dopo l’estate 2019, mi reco da una dentista privata (brava e scrupolosa) per valutare un molare. Mia figlia all’epoca 24enne, ragazza con disabilità intellettiva importante e problemi comportamentali, si lamenta spesso di questo dente che fa male. Il dente appare sano, forse una tonalità più scura degli altri, ma integro. Il dentista privato, fa una radiografia e ci spiega che il dente è malato internamente e che va curato, ma la cura prevede tempi di «bocca aperta» piuttosto lunghi e non sappiamo se Samira riesca a sopportare, per cui ci consiglia di rivolgerci all’ospedale di Montichiari dove si occupano di persone fragili e possono seguirla al meglio. Prendiamo appuntamento e andiamo, ci vedono, la visitano e ci dicono che, dato i problemi di salute di Samira è il caso di rivolgersi alla clinica odontoiatrica di Brescia, essendo quella struttura più attrezzata. Prendiamo appuntamento, attesa lunghissima, arriva il Covid e chiudono tutto, nel frattempo il dente ogni tanto fa male ed io posso darle solo la tachipirina (gli altri antidolorifici hanno effetti avversi pesanti) e solo fino alle ore 16.00, se viene somministrata dopo le 16.00 in assenza di febbre va in ipotermia. Il dente apparentemente integro si rompe…. Passa il Covid, riprendiamo appuntamento e dopo mille solleciti, otteniamo un posto a Novembre 2023, nel frattempo il dente fa male, quindi attraverso un conoscente ci rivolgiamo ad altro dentista privato che prova la sedazione con il protossido….niente, su di lei non solo non ha effetto ma addirittura provoca vomito… abbandoniamo anche questa strada e portiamo pazienza. Il dente è sempre più distrutto… Arriva novembre 2023, quel giorno Samira ha un virus gastrointestinale per cui a malincuore dobbiamo spostare l’appuntamento! Nuova data, primo marzo 2024!!! Andiamo all’appuntamento e la sottopongono ad una seduta di pulizia, alla quale lei ovviamente collabora, faccio presente il problema del dente rotto e dolorante e mi dicono che loro non possono fare nulla, che i medici che si occupano di queste cose sono nella stanza accanto ma sono oberati, mi fissano un appuntamento per valutare il dente in questione, sottolineo valutare non trattare! La data è per un mese dopo… Torniamo a casa. Dopo tre giorni e una notte in piedi a consolare mia figlia, tra ghiaccio e collutorio, decido di portarla al pronto soccorso odontoiatrico, la valutano e capiscono che il problema è urgente, per cui ci fissano un appuntamento per il giorno dopo per procedere con l’estrazione. Arriviamo in ospedale, ci fanno fare una ortopantomografia e ci portano nell’ambulatorio preposto all’estrazione. Arrivano due giovanissime ed esilissime dottoresse presumo, le quali si accingono a lavorare nella bocca di Samira, carine, sorridenti, gentilissime. Iniziano ad operare. Provano e riprovano senza successo, arriva il medico supervisore, guarda nella bocca di Samira e incoraggia la dottoressa a tentare ancora, passa un’ora, torna il supervisore che da qualche suggerimento e invita a proseguire, passa un’altra ora, la dottoressa sempre più in difficoltà non sa a che santo votarsi. Samira, nonostante le innumerevoli punture di anestesia fatte soffre e comincia a diventare intollerante, io chiedo a più riprese l’intervento di qualcuno con un po’ più di esperienza. La dottoressa conviene con me che sia il caso di fare qualcosa, si reca dal supervisore che per tutta risposta dimette Samira, indicando che il paziente non collabora e che quindi dobbiamo farci ricoverare al maxillo-facciale per lavorare in anestesia generale. La dottoressa torna sconsolata, mette quattro punti di sutura in bocca a Samira e ci licenzia. Se non avessi avuto la necessità di badare alla tranquillità di Samira e l’urgenza di portarla via quanto prima, avrei fatto scoppiare il caso. Antibiotico, tachipirina a go go (solo fino alle 16, poi dopo quell’ora solo santi e madonne), cibi semi solidi, fermenti lattici, giorni persi al Cdd che frequenta abitualmente e giorni persi dal lavoro per stare con lei sofferente. Racconto il fatto alla primo dentista che ci aveva indicato di andare a Montichiari per il benessere di Samira, e allibita mi fa fare una nuova ortopantomografia che farà visionare ad un collega di esperienza. Il collega ci garantisce che si tratta di una banale estrazione, speranzosa, ma impaurita decido di fidarmi. Inizia un lungo e difficile lavoro di convincimento nei confronti di Samira, sia da parte nostra, sia da parte degli operatori del Cdd che frequenta, perché ovviamente dopo quel che ha passato vorrebbe non doversi più sedere su una poltrona da dentista. Facciamo tutti del nostro meglio, lei per prima. Arriviamo nello studio del medico, ore 14.32, ci accolgono, preparano Samira, anestesia, estrazione, un punto di sutura, due indicazioni, saluti e convenevoli, ore 14.57 siamo in macchina per tornare a casa. Questi sono i fatti, le considerazioni invece sono: - Ma davvero dobbiamo fare da cavie a chi deve imparare a lavorare? - Ma siamo certi che quello sia un posto dove le persone fragili hanno un trattamento rispettoso e dignitoso? - Ma un ricovero in maxillofacciale con tanto di anestesia totale, camera operatoria, ecc. se non necessario, che costo ha? - Ma tutto il tempo perso, i costi sostenuti e il male subito dal 2019 al 2024 chi ce lo ripaga? - Ma, ultimo non perché meno importante, ma perché ci si possa meglio riflettere, il danno psicologico, fisico ed economico subito da mia figlia chi lo risarcisce?
Lettera firmata

Carissima,

la sua lettera è lunga, è vero, ma assai più lunga è stata l’attesa sua e di sua figlia. E se il tempo ha avuto un peso per arrivare in fondo alla sua storia - ci rivolgiamo a tutti gli altri lettori - proviamo a immaginare quanto ha penato Samira e anche la sua famiglia. Una vicenda per la quale chi ha un minimo di cuore non può restare indifferente e che richiama tutti noi all’attenzione, alla sensibilità che occorre avere per non sommare alla fragilità altro dolore, nuova sofferenza.

Per il resto, le domande che pone contengono in sé la risposta. No, nessuno deve fare da cavia. No, non è stato un trattamento rispettoso. Sì, i costi superiori ricadono sulla comunità e sono ascrivibili agli sprechi. Nessuno vi ripagherà di costi e mali subiti, e men che meno risarcirà Samira.

Per quel che vale però, almeno qui ci si può sfogare, si può farlo sapere, si può ottenere la solidarietà di tante persone per bene, che vi sono vicine e, ne siamo certi, come noi idealmente vi abbracciano. (g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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