Lettera aperta al prefetto

CLANDESTINITÀ
AA

Consapevole dei Suoi numerosi impegni, gentilmente Le chiedo solo pochi minuti di tempo per leggere queste brevi righe nella speranza, non celata, di poter incontrare la Sua sensibilità nei confronti della mia situazione.
Nel 2007 ho salutato la mia terra natale ed ho deciso di affrontare terra, deserto e mare, per approdare in Italia, sognando per me e per i miei cari una vita ed un futuro migliori. La speranza era di ottenere un permesso di soggiorno, primo ed indispensabile requisito per poter aspirare ad un lavoro dignitoso con il quale provvedere alla mia famiglia. Sono numerose le persone che in Senegal dipendono da me per la sopravvivenza, primi tra tutti i miei due genitori, poverissimi, ed i miei fratelli, ai quali spero di poter continuare ad assicurare l'istruzione.
Come spesso accade per quelli come me, ho trovato solo un impiego non regolarizzato, come facchino, per un breve periodo. Persa questa sia pur limitata fonte di reddito, nell'attesa di una nuova concreta opportunità ho fatto quello che altri, come me, spesso fanno: il «vù cumprà». Per mera necessità, anche se questo, lo so, non rappresenta, di per se, una giustificazione.
Nel 2009 si concretizza per me l'eventualità di essere regolarizzato, usufruendo della possibilità offerta dalla legge, avendo trovato lavoro presso una famiglia disposta ad assumermi regolarmente. All'entusiasmo del momento si contrappone, purtroppo, la dura presa di coscienza: la procedura di regolarizzazione viene bloccata dalla Questura che m'informa, a mezzo lettera, dell'impossibilità di proseguire nell'iter della mia pratica in quanto risulto condannato per clandestinità. Sed lex dura lex, lo so; come so anche che la legge non ammette ignoranza.
Adesso sono in attesa di espulsione. Senza lavoro, senza mezzi di sussistenza, senza la possibilità di provvedere a quanti, in Senegal, avevano fatto affidamento su di me. Non è solo la fine di un sogno ma anche l'annullamento della mia propria dignità di essere umano.
Chiedo Egregio Signor Prefetto, lo so.
(Lo so che la mia storia è uguale a mille altre, densa di speranze, illusioni, sogni, aspettative, povertà, espedienti, sofferenza, delusioni. E come mille altre forse non meritevole di maggiori attenzioni. Forse.
So anche, Egregio Signor Prefetto, che io sono un bravissimo ragazzo, sincero ed ambizioso. Consapevole di aver sbagliato entrando clandestinamente in Italia, ma che vorrebbe, umilmente, far sentire la propria voce nella speranza di un riscatto, morale e giuridico).
...chiedo... di revocare il decreto di espulsione, di permettermi di emergere dalla clandestinità per poter dimostrare, a me stesso ed alla società, di non essere un criminale.
Vi preghiamo se potete aiutarmi, vi saremo grati per tutta la vita. Restiamo in attesa di una vostra risposta che confidiamo sarà favorevole.
Vi salutiamo sentitamente e distintamente.
Mustafa
Brescia

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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