Le «università» popolari: belle, ma non da «dottori»
In Italia esistono le Università Popolari cui chiunque può iscriversi a prescindere da età e titolo di studio. Non sono Università nel senso proprio del termine ma sono corsi professionali, corsi di formazione. Ciò non toglie loro dignità, affatto, ma quello che lascia perplessi è che l’uso della terminologia (università, tesi, laureandi) induce in errore la maggior parte dei loro iscritti: conosco personalmente diverse persone che l’hanno frequentata e che sono convinte di essere Dottori, e si spacciano come tali anche tramite biglietti da visita. Inutile tentare di farli ragionare, loro sono convinti di essere laureati, si presentano come Dottori e ciò è millantato credito e in quanto tale perseguibile per legge. Non so se sia l’istituto che gioca sull’incompresione per attirare più iscritti, o se siano gli iscritti che si vogliono sentire più «importanti» e quindi rifiutano di accettare la realtà (peraltro, come può un individuo con la sola terza media fare l’università? Già questo dovrebbe impedire ogni bisticcio interpretativo!). Non sarebbe il caso che questi istituti fossero più chiari coi loro corsisti, ribadendo che non rilasciano il certificato di laurea, che chi termina il ciclo di studi non è un dottore e che la tesi non è la tesi del Miur? Il fatto che siano dei corsi professionali non implica che non siano validi e che non abbiano un valore: perché quindi fingere di essere ciò che non si è? Chi si presenta come Dottore al termine del ciclo di un Università Popolare, commette reato.
// Lettera firmataRiproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato