Le origini variegate del dialetto

Lingua e identità.
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Il 7 febbraio 2011 ho letto la lettera dell'assessore alla Cultura del Comune di Brescia Andrea Arcai a proposito di cosa si dovrebbe fare per salvare il nostro dialetto. Ne è venuto fuori un bel panorama sulle sue origini e le peculiarità che si trovano nel vasto territorio della nostra provincia. Se ho capito bene, nel suo scritto afferma che le radici della nostra parlata siano celtiche. Io registro questa affermazione, ma sinceramente non saprei se è proprio così. Sento continuamente parlare di queste radici celtiche, ma io non ho ancora trovato un vocabolario che raccolga i termini dei celti, mentre conosco quello latino e, nella limitatezza delle mie vedute, avevo trovato qui alcune radici. Poi, siccome sono curioso, ho letto i testi di alcuni autori dai quali avevo sentito confermare i collegamenti con altre radici ancora: dopo i latini ed i celti (ma non so con precisione quali) ecco spuntare il Longobardo e più anticamente il Ligure e l'Etrusco e perfino il Sanscrito. Probabilmente le stratificazioni linguistiche sono molteplici, tipiche di una lingua viva, che si adatta al mutare delle situazioni storiche. Certo, si potrebbe fare un bel vocabolario dei dialetti bresciani e conservarne i fonemi usando altri supporti oltre a quello cartaceo. So che è un'operazione enorme, ma si potrebbe realizzarla per tappe. Suggerirei di partire dal lavoro certosino che da tempo è lì inutilizzato, fatto dal prof. Bonfadini, il quale con un valido gruppo di lavoro ha scandagliato il territorio della nostra provincia alla ricerca dell'espressione bresciana di alcuni termini. Ad un corso tenuto qualche anno fa dalla Fondazione Civiltà Bresciana ebbi l'occasione di leggere una pagina di «prova». Ebbene, seppure in quel foglio ci fosse una sola voce, «figlio», leggendo in quali e quanti modi si declina quel termine mi sembrava di sentire tutte quelle voci pronunciarlo. Ho sentito la ricchezza di quello che tanto spesso banalizziamo come «termine dialettale» e che invece dava quell'apertura mentale utile a capire la storia delle stratificazioni linguistiche che attraversano il variegato territorio bresciano. Ecco. Questo lavoro credo sia ancora «in frigo» in attesa che qualcuno metta i soldi per pubblicare e fare finalmente un investimento veramente culturale ed unitario della nostra provincia. Se no continueremo a sentire interventi più o meno dotti che «stillano cultura», ma solo per estratto, per sintesi o per surrogato, buono solo ad un uso «politico» e pseudo identitario.

Giuseppe Zani
Corte Franca

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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