Le medie Irpef del popolo delle partite Iva

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Leggo su GdB del 27 marzo alla pagina economica un articolo che titola: redditi 2012, solita storia i dipendenti guadagnano più di chi è in proprio. Il titolo, a mio avviso, non lascia dubbi e traduco: i dipendenti denunciano più degli imprenditori quindi i lavoratori più dei loro titolari. Siamo alle solite (solita storia), i furbetti che evadono il fisco. Perché è evidente a tutti chi sono coloro che lavorano in proprio, sono gli imprenditori, tutti gli imprenditori. Poi però nell’articolo questa categoria di lavoratori in proprio si riduce notevolmente. Nel primo capoverso si precisa, e riassumo, che per imprenditore si intende le ditte individuali, non le società, senza personale alle loro dipendenze, quindi il cosiddetto popolo delle partite iva. Ma chi sono costoro? Faccio alcuni esempi: i rappresentanti di commercio i quali godono di una precarietà poco invidiabile, a fronte di qualcuno con clientele solide ci sono una marea di persone che quotidianamente combattono per gli ordini con margini irrisori la marea di artigiani, muratori, idraulici, carpentieri ecc. che lavorano, spesso come terzisti, tre mesi si è quattro no e talvolta non vengono pagati, quei giovani laureati che per lavorare aprono la loro partita iva e ricevono compensi minimi e ciò accade anche nel mondo del giornalismo. Tutti questi «lavoratori in proprio» credo sarebbero ben contenti di avere un lavoro da dipendente e penso che per molti di loro sia un obiettivo. Stigmatizzare (solita storia) che il popolo delle partite iva abbia redditi più bassi dei dipendenti a me pare curioso. Stefano Pazzaglia Paderno FC

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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