Le ferie saltate nella sanità sono una cronicità
In sanità non si fruisce delle ferie, ma non solo, per la grave carenza di personale. Leggo sulla stampa le denunce dei sindacati sulla mancata fruizione ed il conseguente accumulo delle ferie da parte degli infermieri come se fosse un problema di oggi. Il problema è cronico ed è una delle tante spie che provano il degrado dell’assistenza sanitaria lombarda ed in particolare la sproporzione tra i contingenti di personale in servizio e i livelli di assistenza che si devono erogare con i Lea (Livelli Essenziali di Assistenza). Tale situazione nel tempo si continua ad aggravare non riuscendo la Regione e le Aziende a provvedere con nuove assunzioni a coprire i vuoti di quanti hanno lasciato le strutture pubbliche o si sono pensionati. Il problema è noto da almeno un decennio e non interessa solo gli infermieri, ma anche, e forse in quantità superiore, i medici. L’Umi ha denunciato la carenza di medici in Lombardia ed a Brescia dalla fine degli anni Novanta ed ha quantificato il fenomeno in almeno 4.000 unità a livello regionale e 400 a livello provinciale ( Valcamonica compresa). La carenza di personale si evidenzia nell’accumulo delle ferie, ma anche nell’impossibilità di godere dei riposi settimanali e giornalieri oltre che dall’accumulo di ore che poi vengono periodicamente azzerate con sistemi più o meno leciti. Un altro aspetto sono le gravi ripercussioni sull’assistenza che per essere garantita nei livelli dovuti (e in tempi adeguati) comporta un utilizzo del personale oltre il dovuto andando inevitabilmente contro le norme contrattuali e contro le norme di legge nazionali ed europee. In queste condizioni di precaria organizzazione aumentano inoltre i rischi di errori professionali. Aumenta anche il disagio dei medici, il contezioso interno ai reparti e alle Aziende, ma soprattutto si riduce il tempo da dedicare al rapporto medico-paziente già ridotto da una crescente, spesso inutile, burocrazia. Molte Aziende non riescono più a coprire le carenze organiche perché molti concorsi vanno deserti specie in quelle Aziende ed in quei reparti dove si sa che il disagio è maggiore. Nell’impossibilità di assumere, la soluzione si potrebbe trovare in una migliore organizzazione del lavoro e nella semplificazione burocratica (anche con l'assunzione di personale di supporto amministrativo), ma queste strade non si vogliono praticare. Non resterebbe che la riduzione delle prestazioni, ma quest’ultima soluzione non è applicata dalle Aziende soprattutto perché sarebbe letta come un fallimento gestionale da parte dei Direttori Generali e non già come un taglio all’assistenza ( vedi l’emodinamica di Gavardo). Questi preferiscono sfruttare il personale in servizio oltre i limiti di legalità e ragionevolezza piuttosto che attivare altre soluzioni. Stesso comportamento viene adottato da molti Primari che su spinta aziendale, ma spesso per proprio prestigio personale e spesso per proprio tornaconto (vedi il recente caso di Milano), obbligano i propri collaboratori medici, quasi sempre sottodimensionati, a carichi di lavoro eccessivi non calcolati con i tempi reali delle prestazioni e a turni di lavoro oltre la disponibilità oraria pur di coprire la domanda sanitaria. Alcuni Primari, inoltre, si accaniscono, oltre ogni regola, adottando abusi di ogni genere anche con comportamenti ricattatori, punitivi, quando non violenti e volgari, ecc.…anche nei confronti di colleghi di genere femminile e disabili. Ciò avviene anche nelle ASST di Brescia e Provincia e agli stessi «Spedali Civili». Questi eccessi sono stati più volte segnalati, ma le Aziende non intervengo direttamente tanto meno sui Primari per ripristinare la legalità e la correttezza dei comportamenti diventando complici così delle tante irregolarità tra cui anche la mancata fruizione delle ferie. L’intervento dell’Ispettorato è lodevole, ma troppo lento e limitato e non intercetta le irregolarità comportamentali. Non ha titolo per proporre soluzioni e le sanzioni inflitte, per es. ai Primari, sono poi pagate dalle Aziende (cosa che sarebbe da proporre all’attenzione della Corte dei Conti). Anche l’Ordine professionale conosce la situazione, ma non si attiva per modificare i comportamenti dei Primarie e dei Direttori Sanitari. A livello regionale lombardo abbiamo da tempo chiesto, ma ad oggi invano, un tavolo di valutazione delle presenze e delle necessità assistenziali. Con la Riforma del Pubblico impiego, in via di definizione, le carenze organiche del personale sanitario e medico non troverà rapida soluzione e il tutto per i medici viene differito di almeno un biennio. Chi vivrà vedrà! Resta la solita formula: «a costo zero»! Uno sblocco anche parziale delle assunzioni avrebbe creato un miglioramento dell’assistenza e dei drammatici livelli di disoccupazione giovanile e dei tanti precari che operano in Sanità. Neppure la quantificazione delle carenze del personale medico è stata realizzata mentre la Fiaso (l’associazione delle strutture ospedaliere) minimizza il problema delle inadempienze alla legge sull’orario di lavoro temendo l’intervento sanzionatorio dell’Europa. Solo al Civile di Brescia si contano circa 150 medici precari di cui un centinaio a rapporto libero-professionale pagati con risorse provenienti da sponsor privati che sopperiscono (sic!) ad obblighi dello Stato e della Regione. In Lombardia gli ospedali tornano , come nel Medio Evo, alla beneficenza. Concludo per ricordare che la situazione delle carenze organiche mediche è più grave in Lombardia che nel resto d’Italia in quanto prima del blocco delle assunzioni deciso dallo Stato i nostri politici regionali avevano già operato pesanti tagli (sia del personale sia dei letti) di modo che la Sanità pubblica lombarda si è trovata all’inizio degli anni 2000 già penalizzata con circa il 25% in meno di personale dipendente. Una scelta politica ancora più grave e sbagliata se si pensa che contemporaneamente si diede, in alternativa, sviluppo alla sanità privata di cui stiamo ancora celebrando i processi per corruzione.
// Cav. dott. Francesco FalsettiPresidente UMI
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