Le eccellenze e l’irraggiungibile pacco in giacenza
Ultimamente non si fa che abusare della parola Eccellenza o Eccellenze. Le scrivo per sottoporre a giudizio di tutti i cittadini e gli sventurati che aspettano o inviano pacchi, la mia avventura con Sua Eccellenza Poste Italiane e in particolare il servizio SDA. A dicembre ero in attesa di un pacco proveniente dagli Stati Uniti, seguivo il suo percorso online col codice inviatomi dal mio amico americano. Il 15 dicembre vedo che risulta essere a Brescia e che SDA (servizio consegna pacchi di Poste Italiane) ha tentato la consegna ma ad un’ora in cui ero a casa e senza aver lasciato avvisi di giacenza di sorta. Inizia uno stressante iter di chiamate: al call center con numero a pagamento specializzato nel localizzare esattamente dove siano i suddetti pacchi, una signorina mi dice che il mio si trova nell’ufficio postale di via Don Vender (ho buttato 4 euro di chiamata!). Mi reco quindi in via Don Vender e dopo 40 minuti di coda, l’impiegata mi dice che il codice che ho non è corretto (con me funziona sempre). Vado all’ufficio di via Foscolo perché ultimamente è lì che andiamo a ritirare la posta in giacenza, dopo altrettanti 40 minuti di bella statuina un altro imbarazzante due di picche. Il giorno successivo telefono alla SDA e l’impiegata dice che il pacco benedetto o maledetto non è di loro competenza, che dovrebbe arrivare ancora una volta in via Don Vender e mi fornisce un altro codice per l’Italia per individuare il pacco. Nell’ufficio di Piazza Vittoria mi dicono che invece dovrebbe essere in via Dalmazia. Arriviamo al 21 dicembre, dopo una settimana di eccellenti tours nei nevrotici e indolenti uffici. Mi reco senza indugio in via Dalmazia, espongo come un bull dog la barzelletta che sto ora scrivendo anche a voi, il custode fa una chiamata ai piani alti e m’informa che il pacco è di sicuro in via Don Vender: non so se ridergli in faccia o eseguire un balletto sadico dove mi pregusto torture in stile Le Iene di Tarantino. Rieccomi nel favoloso mondo dell’ufficio di via Don Vender, ormai potrebbero offrirmi almeno un caffè con torta, penso. Stessa storia: lì non c’è nemmeno l’ombra del pacco fantasma. Online riguardo il tracking sul sito delle Poste: ecco un altro tentativo di consegna in data 20 dicembre, ora in cui ero a casa e avvisi di giacenza probabilmente divorati dai topi affamati. Richiamo con una specie di Epifania improvvisa gli uffici della SDA: mi risponde una signora che, previo controllo con codice, mi conferma finalmente che il pacco è lì da loro, in via Castagna a Fornaci. Mi precipito all’ufficio col batticuore, un po’ di emozione e un po’ d'infarto incentivato da nervi surriscaldati, ma… le sorprese prenatalizie non sono finite! Finalmente tengo tra le mani il benedetto santo pacco e con un sorriso l’impiegata m'informa che devo pagare 22 euro…7,50 di oneri postali (li chiamerei esoneri dato che mi meriterei io di essere pagata per i miei servigi!) e 14 e qualcosa di tasse doganali (mi sono pagata i regali, direi che non aspettavo altro!). Riluttante allungo i soldi, non senza aver fatto presente l’eccellente disservizio. Oltretutto non ho avuto ricevute di pagamento, solo i bollettini che quelli della SDA mandano alle Poste e alla Dogana. Ora chiedo a tutti voi: è mai possibile che in Italia si debba sempre pagare e intanto restare a bocca asciutta e correre e rincorrere disservizi e mangiare amaro?
// Caterina PedranaBrescia
Gentile lettrice, concordo sull’abuso del termine «eccellenza» invalso da qualche tempo: va utilizzato e attribuito davvero solo in presenza di «eccezionalità» riscontrabili e condivise. Certamente sarebbe ancor più fastidioso se la società postale a cui si riferisce, pretendesse di accostarlo al servizio fornito. Una prestazione, peraltro pagata a caro prezzo, come quella da lei fruita non può in alcun caso - eccellenza o non eccellenza - determinare una simile odissea perché il destinatario possa entrare in possesso dell’oggetto che gli è stato inviato. In altra parte del giornale (a pagina 14), registriamo il caso dei 150 quintali di corrispondenza giacenti nella sola Brescia, con gli auguri di Natale che rischiano di essere consegnati e smaltiti a ridosso di Carnevale. C’è poco di che essere allegri: qui siamo lontani da qualsivoglia eccellenza, ma anche da una normalità a cui ben volentieri mi accontenterei di adattare. (g.c.)
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