Le contraddizioni trovate da laureata in cerca di lavoro

Sono una ragazza di 24 anni di Collebeato e mi ritrovo a doverle scrivere per dare voce non solo a me, ma a tutti i miei coetanei. Stiamo vivendo in un periodo storico duro, stressante e che ci ha tolto un po’ la percezione della vita vera. Mi sono laureata in Economia da poco tempo e mi sono resa conto di come noi giovani dopo gli studi siamo completamente lasciati a noi stessi, buttati nella fossa dei leoni che è il mondo del lavoro al giorno d’oggi senza nessun aiuto, orientamento e supporto. Durante la mia costante e senza sosta ricerca di lavoro ho notato diverse contraddizioni negli annunci di lavoro: cercano personale principalmente giovane, ma che abbia anni di esperienza e mi chiedo, ma come è possibile? Tralasciando i salari che sono invisibili, noi non ci sentiamo neanche di portare un valore in quel luogo. Credo che sia necessario collegare noi giovani laureati al mondo del lavoro, orientandoci e non ostacolandoci. L’università ci fornisce un quadro molto teorico del mondo, ma poi usciti da lì ci ritroviamo a combattere con la pratica, nostra sconosciuta. Ci rendiamo conto di essere incapaci, come se lo studio non ci avesse aiutati a formarci per i requisiti richiesti dai datori di lavoro. Ci sentiamo sconfortati, delusi e senza alcuna prospettiva incoraggiante per il futuro. Siamo soli, sogniamo un lavoro che ci renda liberi, indipendenti e ci faccia apportare valore alla nostra società.
// Lettera firmata Gentile amica, il suo «lamento» merita attenzione e apre una cataratta di problemi che costituiscono una provocazione per più approfondite e necessarie considerazioni in altri spazi. Per quanto mi riguarda, penso che sognare sia non solo legittimo, ma giusto e anzi doveroso alla sua età. Avere un sogno consente di motivarsi per un impegno a fondo nel perseguire i propri obiettivi. Far diventare il sogno una realtà porta però inevitabilmente a fare i conti con quel che ci sta intorno. E qui sta la sfida autentica, per la quale è necessario prepararsi al meglio al fine di disporre degli strumenti e delle conoscenze utili nell’affrontarla. Ma ogni sfida richiede poi una messa a punto ad hoc, da fare in presa diretta e spesso senza rete. Un lavoro, per un giovane, rappresenta una sfida e l’università dovrebbe offrire un percorso formativo privilegiato per far arrivare i giovani preparati all’appuntamento. Perciò sempre più la formazione accademica tende a completarsi con stage operativi nelle aziende o comunque sul campo. Non è sempre e dovunque così, ma quella è la direzione. E poi va ricordato che, diversamente che in passato, oggi bisogna pensare al proprio lavoro non come «uno per sempre nella vita» ma piuttosto come cantiere aperto, perché solo una formazione costante consentirà di seguire (e gestire) le innovazioni che si produrranno. Altri due problemi seri, invece, che intralciano un’indipendenza ai giovani, sono da un lato i bassi salari offerti dal nostro mercato del lavoro (con certi settori che fanno del precariato l’asse portante), e dall’altro la scarsa mobilità sociale che spesso finisce per «ingessare» e frustrare le aspirazioni di tanti giovani che meriterebbero invece di avere una chance per realizzarle. (g.c.)Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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