Le casalinghe sono come imprenditrici

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La famiglia è un'impresa che deve far fronte a tutte le esigenze, nonchè a tutte le difficoltà che quotidianamente vanno evidenziandosi, e ancor più marcatamente in questa non facile stagione di crisi. Se la famiglia è un'impresa, la persona che se ne occupa e in essa lavora dovrebbe essere considerata un'imprenditrice/imprenditore familiare. Non a caso una giovane donna ha fatto stampare sul suo biglietto da visita «imprenditrice familiare» cancellando l'obsoleto e inadeguato termine di «casalinga» che davvero non rende giustizia al ruolo impegnativo e ai compiti importanti, molteplici, delicati, che la gestione della casa, la cura delle relazioni in seno alla famiglia e all'esterno, l'educazione dei figli, l'assistenza agli anziani, la responsabilità delle decisioni comportano. Un insieme di funzioni che ben si inquadrano nel mansionario di un manager operante nel «mercato del lavoro». Nella stragrande maggioranza la persona è di sesso femminile, operatrice del «non-mercato», a costo zero eppure, secondo gli economisti con un alto valore aggiunto e con rilevanti ricadute sul piano della macro economia sociale. L'economista Becker, premio Nobel per l'economia in anni lontani in America, già stimava l'alto valore economico di quella grande massa di lavoro svolto nella famiglia a tempo pieno e/o parziale. Le stime circolanti in Italia in questi anni (433 miliardi l'anno, paragonabili al 32,9% del Pil) ne sono significativa conferma. In una recente conferenza in occasione della «Giornata internazionale del lavoro invisibile», la prof.ssa Luisa Rosti, docente di economia del lavoro e di genere all'Università di Pavia, ha ben illustrato questi aspetti, con grande soddisfazione delle donne presenti che vedevano ancora una volta sottolineato il valore del loro lavoro e di una loro più o meno lontana scelta. Un lavoro che diventa indispensabile e sempre più visibile nel momento in cui si prende coscienza che esso rappresenta un fattore fondamentale e imprescindibile del rapporto famiglia/sistema dei servizi. E quindi fattore di conciliazione del rapporto donna/ famiglia/ lavoro esterno. Certo non sarebbe giusto negare l'importanza del talento femminile e dell'esigenza che esso si esprima in ogni campo, al fine di assicurare alla società quel patrimonio, quel «genio femminile» (come lo definì Giovanni Paolo II) prezioso nelle sue modalità espressive e operative, ricchezza dell'intera società. Le due linee non sono in contrasto tra loro, soprattutto se operate in stagioni diverse della vita, nel rispetto dei tempi naturali della maternità, all'interno di una società che abbia preso atto del valore sociale della maternità stessa e ne abbia fatto un fattore portante di normative, misure, interventi volti a creare le condizioni ottimali affinché la doppia presenza possa realizzarsi senza svantaggi per i soggetti più deboli. Alla fine conta la libertà delle scelte, evitando inoltre etichette di donne di serie A o di serie B, perché nella realtà «siamo tutte lavoratrici, siamo tutte casalinghe».

Tina Leonzi
Brescia

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