L'attenzione alla donna di Papa Wojtyla
Il «femminismo» del Beato Giovanni Paolo II Karol Wojtyla ha guardato alle donne e alle loro aspirazioni senza averne paura fin dall'inizio della sua missione petrina: «Potessimo insieme scoprire il multiforme significato della missione della donna, andando mano nella mano con il mondo femminile di oggi!», disse il 5 novembre 1978, pregando a Roma sulla tomba di Santa Caterina. Si tratta di una frase considerata il primo accenno assoluto alle donne da parte del Pontefice.
Nei suoi ventisei anni di pontificato, Giovanni Paolo II è stato il primo a baciare sulla fronte una donna abbattendo barriere discriminatorie, ha stretto al petto ragazze africane e asiatiche, prendendole per mano fino quasi ad accennare passi di danza. Nell'enciclica "Mulieris dignitatem" del 1988 ne ha esaltato il genio, la sensibilità e la delicatezza. Durante una Giornata mondiale della Gioventù, una donna nera ha pianto sulla spalla di Giovanni Paolo II, affidando al successore di Pietro le speranze e i sogni di un'intera generazione.
Nel 1995, per la prima volta, mise una donna, la statunitense Mary Ann Glendon, a capo di una delegazione ufficiale del Vaticano, in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sulla donna che si tenne a Pechino. La Glendon era stata nominata presidente dell'Accademia Pontificia delle Scienze Sociali nel marzo del 2004, la prima donna a ricoprire un incarico del genere. La Chiesa apre finalmente le porte alle donne. Un Papa dunque che si è sempre battuto affinché anche le donne ricoprano un giusto ruolo nella Chiesa e nella società, senza discriminazioni e con pari dignità all'uomo.
«Lettera alle donne». Il 10 luglio 1995, otto anni più tardi della lettera apostolica, il Papa pubblica una «Lettera alle donne», un'esaltazione del ruolo dell'altra metà del creato e la testimonianza della sua fiducia nel «genio femminile». «Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna! con la percezione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani», così il Santo Padre conclude il secondo paragrafo della sua lettera, scritta in occasione della IV Conferenza mondiale sulla donna, tenutasi a Pechino.
Egli ha espresso in questo documento la gratitudine della Chiesa «per il mistero della donna, e, per ogni donna, per ciò che costituisce l'eterna misura della sua dignità femminile», ben consapevole del suo difficile cammino lungo la storia, essendo essa «misconosciuta nella sua dignità, travisata nelle sue prerogative, non di rado emarginata e persino ridotta in servitù».
Egli ha auspicato nella Chiesa una rinnovata fedeltà al Vangelo, il cui atteggiamento verso la donna è quello di Cristo stesso, che «superando i canoni vigenti nella cultura del suo tempo, ebbe nei confronti delle donne un atteggiamento di apertura, di rispetto, di accoglienza, di tenerezza.
Onorava così nella donna la dignità che essa ha da sempre nel progetto e nell'amore di Dio». Un apprezzamento che non mira alla vuota lusinga, ma che guardava concretamente agli ostacoli che vanno rimossi e che intralciano il pieno inserimento della donna nella vita sociale, politica ed economica. «Basti pensare a come viene spesso penalizzato, più che gratificato, il dono della maternità, - affermava di fatto - a cui pur deve l'umanità la sua stessa sopravvivenza. Certo molto ancora resta da fare perché l'essere donna e madre non comporti una discriminazione.
È urgente ottenere dappertutto l'effettiva uguaglianza dei diritti della persona e dunque parità di salario rispetto a parità di lavoro, tutela della lavoratrice-madre, giuste progressioni nella carriera, uguaglianza fra i coniugi nel diritto di famiglia». «La donna - asserì ancora Wojtyla - è il complemento dell'uomo, come l'uomo è il complemento della donna: donna e uomo sono tra loro complementari. La femminilità realizza l'"umano" quanto la mascolinità, ma con una modulazione diversa . È soltanto grazie alla dualità del "maschile" e del "femminile" che l'"umano" si realizza appieno».
La donna e l'uomo sono dunque diversi, ma tale differenza non essere interpretata come un handicap per la donna, bensì si dovrebbe parlare di «unità dei due», in cui il rapporto interpersonale e reciproco risulta come «un dono arricchente e responsabilizzante» e al quale Dio ha affidato «non soltanto l'opera della procreazione e la vita della famiglia, ma la costruzione stessa della storia».
Pertanto il Pontefice invitava a prendere coscienza «del molteplice contributo che la donna offre alla vita di intere società e nazioni». La lettera di Giovanni Paolo II vuole mettere in risalto in special modo il fatto che i destini dell'umanità del Terzo Millennio si giocheranno «nel cuore e nella mente» della donna, ringraziando le figlie di Eva che hanno arricchito con il loro contributo la storia dei popoli e della Chiesa.
E quest'ultima non può nascondere le «responsabilità oggettive di non pochi dei suoi figli» che hanno tradito l'atteggiamento di Cristo nei confronti delle donne.
Celso Vassalini
Brescia
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