L'architettura fascista a Brescia
Tra le molte lettere giunte al direttore del Giornale di Brescia sulla discussione della statua del cosiddetto «Bigio» posizionata all'era del fascismo in Piazza Vittoria ed ora collocata nei sotterranei dei magazzini comunali, mi inserisco anch'io. Tutti sappiamo che l'Italia è tempio dell'arte, del bello e del grande; Roma fece sua la cultura della Grecia e trasse a se gran parte dei capolavori dell'arte greca che furono oggetto di venerazione e di studio agli artisti. Ogni città italiana ha basiliche, monasteri, monumenti e palazzi sontuosi che attestano la grandezza del nome italiano. Quando l'Italia fremeva sotto il duro giogo del fascismo, il regime, bisogna ammetterlo, fece anche grandi opere: si lanciano ponti, si costruiscono strade, scuole, ospedali, palazzi, piazze, addirittura sorgono intere città come: Littoria (ora Latina) Pomezia, Sabaudia, Aprilia, Carbonia e tutto questo faceva conoscere al mondo intero di che cosa fosse capace il genio italiano. Perciò ritengo assai ridicolo prendersela con la statua del Bigio di Arturo Dazzi quale rappresentante del tragico periodo fascista. Qualcuno poi ha proposto anche di cambiare nome a Piazza Vittoria perché costruita nel ventennio mussoliniano. Altri scrivono che il Bigio sta bene dove sta perché non è un'opera d'arte ma uno spot per il regime fascista. Delle opere originarie in Piazza Vittoria ne restano ancora oggi parecchie e per lo più ignorate e sottovalutate anche da molte persone intelligenti. Cosa vogliamo fare distruggere tutto ciò che è stato fatto nel ventennio del fascismo? Vogliamo abbattere quelle città costruite nella bonifica delle paludi Pontine? Vogliamo spianare Piazza Vittoria e farci un bel parco per i bambini, vogliamo far sparire quelle case del fascio (ora proprietà dei partiti della sinistra). Che l'arte riveli la vita dei popoli è un fatto innegabile perché essa è la più schietta manifestazione dei sentimenti e delle tendenze di uno Stato, anche se in Piazza Vittoria l'architettura (come dicono altri) è troppo coerente con lo stile fascista dell'epoca. Non dimentichiamo che l'arte negli anni trenta era proiettata nel costruire piazze, palazzi, monumenti e anche a Brescia l'arte era capita e condivisa tanto che, si ebbe una buona produzione scultoria come: il monumento a Cesare Battisti, al Tartaglia, al Zanardelli e tanti altri; ad alcuni palazzi ornati con bellissime sculture che si possono ancora oggi ammirare in via Ferramola, corso Palestro e anche in altre vie.
Non di rado però, l'architettura di Piazza Vittoria viene guastata dal comune contagio di vecchi rancori politici e nostalgici e si snatura e diventa vile strumento di contestazioni inutili e pericolose. L'arte dunque è la riflessione della vita, di tutta la vita di un popolo e di una nazione.
Edmondo Del Prete
Brescia
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato