L’amico sconosciuto che ho «incontrato» a un passo dall’addio
«Papà è arrivata una lettera per te, sarai contento, qualcuno ti ha scritto a mano, come facevano una volta!». C’è molta ironia nel tono della voce di mio figlio. Apro con frenesia la busta ben sigillata. Mi colpisce la grafia, curata, leggibile, proprio il contrario della mia. Per alcuni minuti rimango in silenzio, immobile sul divano, la lettera mi è caduta sulle ginocchia; penso a Sergio, autore di queste parole. Difficile esprimere il mio stato d’animo, mi sento travolto dalla malinconia, nello stesso tempo lusingato per essere stato interlocutore di un essere umano che mi ha reso partecipe di istanti così preziosi della sua vita. «Le scrivo questa lettera, signor Renzo, perché l’ho conosciuta. Non personalmente ma tramite quella rubrica a cui sono molto affezionato "le lettere al direttore del Giornale di Brescia". Un modo inconsueto di conoscere un uomo. Le sue storie mi hanno scosso, mi hanno inquietato, zone d’ombra che ho scoperto esser parte della mia vita. Sono Sergio, 75 anni, vedovo con un figlio, che vive ormai da 3 anni in Canada. Sono solo, tremendamente solo. Avevo un amico con cui ho condiviso dolori e gioie di questi ultimi anni. Ahimè la sua memoria l’ha tradito, spesso lo vado a trovare, ma ai suoi occhi sono diventato un essere invisibile, sembra che della sua vita non sia rimasto nemmeno un ricordo a cui aggrapparsi. Sono un uomo mite, pratico, un uomo qualunque. Tiro a campare da vecchio solitario. Una settimana fa qualcosa è cambiato nella mia noiosa routine quotidiana. Una visita medica di controllo, accertamenti più approfonditi hanno evidenziato un carcinoma con metastasi. Lo sguardo dell’oncologo non ha lasciato dubbi sulla mia imminente condanna a morte. Immediatamente il dottore cerca di consolarmi dicendomi che la chemioterapia e la radioterapia fanno miracoli. Come? Mi domando, i miracoli li può fare solo lui, il Padre Eterno, poi che miracolo salvare un vecchio!? Ieri sono partito per un paesino della Val Sugana, la terra dei miei genitori. Ho deciso di aspettare la fine dove tutto è cominciato. Una domanda incombe urgente: cosa resta della mia inutile vita? Qualche risparmio in banca, un lavoro svolto sempre in modo diligente, un figlio che non sa più se esisto. Forse domande da vecchio patetico. Addio signor Renzo». Ci sono momenti in cui il dolore incombe sovrano e l’angoscia diventa soprattutto solitudine, addio Sergio, uomo qualunque. «Troppo spesso l’uomo è solo come un Dio, senza essere un Dio».
// Renzo CominassiIseo
Gentile Renzo, la notizia recapitatale da Sergio dà naturalmente molta tristezza ma è di qualche consolazione il fatto di scoprire che delle lettere, le sue, e questa pagina che le ha ospitate, siano servite tra le altre cose a far sentire meno sola una persona... anche a nostra insaputa. (g. c.)
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