L’amicizia schietta e la riconoscenza della gente del Friuli
AA
Ho festeggiato con gli amici della redazione i miei 50 anni di ininterrotta e fedele collaborazione, gli anni galoppano ed ora sono 52. Così, se il buon Dio vorrà, per non arrugginire... prendo carta e penna per chiederti un poco di spazio e raccontarti di una domenica trascorsa nel centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli in via Pilastroni. Ho accettato con piacere l’inaspettato invito di amici friulani, l’occasione i festeggiamenti per i quarantanni di fondazione del «Fogolar Furlan» di Brescia, ospiti di Marco Fabello friulano responsabile del centro. Tanti i friulani convenuti da ogni parte, con loro tanti presidenti di Fogolar in testa il presidente di tutti i sodalizi sparsi in ogni angolo del mondo, eclatante esempio di attaccamento alle proprie radici. Ho portato la mia esperienza in terra friulana per il terremoto, tre anni il mio aiuto, nessuna prestazione professionale, ma buone braccia per usare pic, pala e carriole doti, «professionali...» che mi sono portato in altre calamità, terremoti, allagamenti, costruzione della scuola Nikolajewka e della nostra nuova sede a Mompiano. Ho ricordato che quelle migliaia di alpini e non, accorsi sono stati fulgido esempio di altruismo, da questo evento è nata la protezione civile nazionale, anche i bresciani con la sottoscrizione lanciata dal nostro giornale hanno fatto la loro parte, ecco a Buia sorgere il villaggio Brescia. Che dire dei 50 milioni di dollari stanziati dal governo americano, scavalcando le nostre istituzioni, consegnati in piena fiducia alla nostra Associazione nazionale. Soldi spesi onestamente e le varie targhe appese sul muro di ogni investimento lo testimoniano. Che dire delle amicizie indissolubili nate con quella gente laboriosa, ognuno è ritornato nelle proprie famiglie arricchito e con nella valigia tanti ricordi. Ho ricordato un aneddoto che custodisco gelosamente. Dieci anni fa ero stato a Venzone dove ho lavorato per ricevere dal Comune un riconoscimento e sulla via del ritorno d’obbligo una fermata a Gemona per salutare un colonnello allora comandante della caserma e che avevo conosciuto in altre occasioni prima del terremoto. Seduti sul divano con mia moglie e un mio amico alpino con moglie, con un taiut in mano per brindare all’incontro. Si avvicina una signora sui novantanni capelli bianchi supportata da un carrello. Chiede alla figlia «Marisa, questo è il sig. Buizza?» Sì mamma, la risposta. «La devo ringraziare e chiederle scusa. Perché la roulotte che le ho restituito mancava della scaletta d’accesso». Erano trascorsi circa trent’anni, lascio immaginare cosa ho provato... Questi sono i friulani a conferma di che stoffa son fatti.// Giancarlo Buizza Brescia
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Condividi l'articolo
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato