L'amarezza di chi non vede un futuro

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Non è tanto la paura od il timore di restare senza lavoro ad abbattermi, ma la delusione, la delusione di aver creduto e di credere in quei principi e valori che mi hanno fatto amare il mio Lavoro, mettendoci dedizione e voglia di fare, mettendoci entusiasmo ed iniziativa, mettendoci cuore ed anche sacrifici quando c'e stato da supportare l'azienda nella quale ho sempre creduto in progetti importanti per un futuro che sentivo anche mio. Un'azienda che ha fatto passi da gigante con il lavoro e la fiducia di tante persone che ora potrebbero essere inserite in una lista sulla quale qualcuno farà crocette come fosse il gioco del tris, solo che qui si parla di cento volte tanto. Non riesco a non pensare che tante delle persone con le quali ho lavorato, che magari ho imparato a stimare, ed io stessa saremo bersaglio del costs saving come piace definirlo. So che, perso così l'entusiasmo e quella poca voglia di mettermi in gioco che ormai mi è rimasta, mi sento già fuori luogo, mi sento in una realtà che non sento più mia, vengono a mancare quei principi e quei valori che mi hanno stimolata a dare sempre il meglio ed anche di più. Quando dentro si è delusi non sono le promesse più o meno probabili che ti risvegliano la voglia di fare, non sono le belle parole o le pacche sulla spalla a ridarti la fiducia, non sono due soldi in più a farti sentire orgoglioso di far parte di una realtà che sentivi un po' anche tua. Io non riesco a pensare di dare ancora il meglio perché non ho più quello spirito che mi ha sempre spronata. Potrei rifugiarmi in quella apparente tranquillità che deriva dalla consapevolezza delle mie capacitá. Prima di me. ci sono tante teste che salteranno, ma questo non mi dà sollievo perché il mio motto non è «salvare me stessa e del resto chi se ne frega», i miei principi non sono improntati all'individualismo fine a se stesso, non è nella mia natura. C'é chi verrà salvato senza merito forse e chi con merito verrà tagliato fuori. Odio le frasi fatte del tipo «beh speriamo tocchi a qualcun altro». Che cosa significa? Con quale coscienza si può non pensare a 300 persone che perderanno uno stipendio in un momento di crisi come questo ed essere felici perché tocca a loro e non a me? Con che coraggio posso soffocare l'urlo di una delusione così profonda? Da qui a maggio/luglio 2013 di tempo ce n'é. Certo! Ma con che stimolo posso continuare a metter voglia di fare sapendo che nell'attesa si cela il volto della disfatta? Se penso al tour de force fatto da tante di queste persone che verranno trattate come numeri, ed io da queste non mi escludo come mai ho fatto, mi vien da pensare che abbiamo rincorso una mera chimera. Abbiamo aiutato un'idea nella quale abbiamo creduto con il cuore a diventare una realtà che abbiamo vissuto portandola a livelli mondiali per poi, raggiunta l'eccellenza, vederla portar via dall'Italia al Messico perché meno costosi. Come posso motivare le colleghe a continuare a lavorare al meglio per raggiungere gli obiettivi che sono quelli di dimezzare la popolazione Incatec/Medtronic? Amarezza per chi ha creduto in un futuro, anche se diverso da quello che era il vivere la Invatec di un tempo, con l'arrivo di Medtronic, multinazionale d'eccellenza nella produzione di una gamma vastissima di prodotti medicali. Amarezza non rabbia, delusione non rancore. Continueremo a lavorare come abbiamo sempre fatto, ma lo spirito non possono chiederci sia lo stesso.

Lettera firmata

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