La triste tomba di Hina, ragazza dimenticata

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È una domenica di settembre, sono alle 15 al cimitero Vantiniano, per ritrovare la memoria dei miei cari. Una zia è la prima in lista. È sepolta a cinquanta metri dal «riquadro musulmano», mia abituale, ineludibile tappa; fondamentale per la mia coscienza. È nella parte ovest del viale principale. Insieme ad altri connazionali di uguale religione, c’è l’ultima poverissima testimonianza di Saleem Hina, la ragazza abitante della nostra provincia, uccisa dal padre l’11 agosto 2006, sepolta poi nel giardino di casa. Nell’immediatezza dei fatti, Hina viene normalmente ricordata e commentata per il suo ostinato e contestato essere «occidentale» dai media televisivi e giornalistici, dai movimenti femministi radicali e di ultima ora, da religiosi di varie etnie, da politici, da sociologi, psicologi e psicologhe, psichiatri... e da noi comuni mortali. Esattamente come accade ultimamente a giovani raggirate e violentate. Ora, a suo ricordo, pubblico c’è un praticello trascurato, arido, giallastro, incolto totalmente, piccolo piccolo; se va bene qualche vasetto di plastica rovesciato. Le è stata tolta anche la fotografia, peraltro volante, di cartone, poco visibile. Tanto rumore per nulla? Devo peraltro precisare che altre 16-18 tombe sono più che decorose e seguite dai propri connazionali e non. Dove sono la pietà umana, prima di tutto, le istituzioni, il volontariato; se non ci sono parenti o amici; perché all’epoca ce n’erano e i fiori li portavano eccome, se fotografati! Da allora non è stato fatto nulla: perché non provvediamo per il prossimo novembre? Ho pensato anch’io ad una iniziativa personale, ma ci vuole coraggio, nonostante la buona volontà! Andate a vedere e... capirete.

// Paola Bordoni
Brescia

Gentile Paola, se da un lato la sua segnalazione rattrista proprio per le considerazioni che lei bene esprime, dall’altro sprona a preparare e «costruire» un gesto comune di pietas per Hina. Quella pietas che manifestiamo nell’onorare i defunti e che non è monopolio di un’unica religione, bensì parte costituente del nostro essere «umanità». Di questi tempi si parla tanto di incontro e dialogo con chi ha un’altra cultura e pratica un’altra religione, ma tutto ciò non può reggersi sulle sole parole, per quanto importanti siano. Per dialogare bisogna, infatti, conoscersi, parlarsi, informarsi e anche interagire: per questo servono anche dei gesti. Sarebbe davvero bello perciò se si trovassero delle persone di buona volontà e dei «coraggiosi», cristiani e musulmani, che insieme si facessero «esploratori» di un terreno comune dove ritrovarsi per onorare Hina e, nel suo ricordo, coltivare un futuro condiviso. (g.c.)

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