La sfida di Brescia? Essere una città a misura di bici
Lettere al direttore
AA
Nonostante abbia inviato altre lettere al Giornale in questi 44 anni che sto utilizzando la bicicletta per spostarmi in città e per andare al lavoro, mi ritrovo che tra la mia memoria storica e la situazione attuale non ci sono segnali per essere ottimisti.
Purtroppo Brescia è una città, rispetto ad altre della Pianura Padana, che culturalmente non vuole e ha fatto molto poco per capire il valore di un traffico più leggero e meno inquinante. Ma ora il problema esiste anche per chi utilizza un mezzo elettrico perché è sconvolgente la percentuale degli autisti che continuano ad utilizzare il telefonino per scrivere messaggi intanto che guidano e che, pur mantenendo una certa attenzione per le altre auto, non vedono assolutamente i ciclisti e quindi non rispettano le precedenze dei ciclisti. Quello che è inquietante è che, se fai presente che hai la precedenza, hanno anche delle reazioni violente verbali e non solo. Sono sempre numerose le situazioni imbarazzanti in cui ci troviamo. Ho calcolato che ogni giorno ci sono almeno 5-10 auto che distrattamente non mi vedono e con cui rischio la mia vita. Sono atteggiamenti molto gravi, a mio parere, che rispecchiano la totale mancanza di controllo da parte del personale vigile. Capisco anche che ci sia un problema di personale che possa controllare, ma non capisco perché ci sia ancora così poca attenzione per le piste ciclabili.
Basterebbe poco per avvisare la presenza di bici in strade molto frequentate che non hanno spazi per le piste ciclabili e/o per presenza di cantieri diffusissimi in tutta la città che occupano piste ciclabili. In questi casi non c’è la volontà di avvisare gli autisti della presenza in strada di biciclette. Qual è il risultato di tutto ciò? Che se io chiedo ai miei studenti (circa 400 tutti gli anni sui 19-20 anni) in quanti vengono in bici, anche dalla stazione, sono un 1 o 2% e se chiedo per quale motivo, mi rispondono che è troppo pericoloso.
Ora io chiedo veramente che, soprattutto per affrontare la stagione più buia, il Comune cominci a sensibilizzare le auto nei confronti dei ciclisti (non solo quando i candidati sono in campagna elettorale per sindaco). Non mi si risponda che i ciclisti fanno quello che vogliono perché allora dovremmo parlare degli autisti che non rispettano la velocità in città e che nelle strade con il limite di 30 vanno regolarmente ad alte velocità perché tanto nessuno controlla. In una città come Brescia, che dopo tanti anni di km di piste ciclabili, se gli autisti e i pedoni continuano a far finta che non esistano, qualche motivo ci sarà oltre alla mancanza totale di senso civico.
Silvia Parolini
Brescia
Cara Silvia,
abbiamo voluto la bicicletta, ci tocca pedalare. Anche con la testa.
Sì, perché è da lì che parte tutto, compreso un cambiamento che se non è culturale vale poco o nulla.
Brescia ha tutto per diventare come altre città di pianura o imitare i grandi centri del nord Europa, a patto che non ci si limiti a qualche striscia bianca sulla strada o a blandi inviti alla salute pubblica. Occorre piuttosto una sensibilizzazione che parta dal basso, che coinvolga i ragazzi, che veda convinti anche i genitori, che goccia a goccia scavi la roccia della comodità e dell’indifferenza. Una rivoluzione insomma, complessa ma non impossibile. E se c’è qualcuno che può compierla è proprio chi va in bicicletta, senza farsi spaventare da vento o pioggia, traffico o salita, evitando la tentazione di diventare casta (puri e buoni contro sporchi e cattivi) e contagiando chi sta vicino con buon senso, pazienza e leggerezza. (g. bar.)
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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