La Regione ricorre al Tar sulla cattura degli uccelli

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Il 17 luglio la Giunta Regionale ha opportunamente ritenuto di adottare due distinte deliberazioni in tema di attività venatoria: una per affiancare Federcaccia nel ricorso promosso avanti il Tar Lombardia contro la decisione del Consiglio dei Ministri 1.12.2014 di annullare la delibera lombarda che autorizzava lo scorso anno la cattura di uccelli selvatici per la cessione ai fini di richiami vivi, la seconda per impugnare direttamente attraverso i propri legali avanti il Tar Lazio il recente parere sfavorevole 27 maggio 2015 dell’Istituto superiore per la Protezione e la ricerca Ambientale (ISPRA) inerente proprio la cattura di un limitato numero di uccelli (12.700) da parte degli impianti gestiti dalle Province lombarde da destinarsi ad uso di richiami vivi. Le due deliberazioni regionali da un lato testimoniano quale attenzione la Giunta lombarda e la maggioranza che governa la Regione prestino alla difesa della caccia e in particolare alle secolari tradizioni venatorie pur in presenza di oggettive difficoltà, dall’altro per la prima volta - e non è cosa di poco conto - chiamano sul banco degli imputati l’Ispra che nell’occasione, come in altre - vedi prelievo venatorio in deroga di fringuello, peppola e storno - continua da decenni a fornire pareri carenti di motivazioni, nei quali non è difficile individuare una preconcetta avversione alla caccia. Andrebbe ricordato che proprio la legge nazionale sull’attività venatoria - la numero157 del 1992 - all’articolo7 attribuisce all’allora INFS ora ISPRA la qualifica di organo scientifico e tecnico di ricerca e consulenza per lo Stato, le Regioni e le Province. Ora, se nella fattispecie la consulenza è quella di sostenere che le catture dei richiami vivi non va attivata (ricordiamo che siamo in presenza di un servizio sociale gestito dall’ente pubblico) perché esistono soluzioni alternative come l’allevamento dei richiami in cattività oppure quella di negare il prelievo in deroga di fringuello, peppola e storno perché sarebbe impossibile determinare la piccola quantità cacciabile sulla scorta di un cervellotico parere reso nel lontano 2005 da alcuni tecnici della Commissione europea che immaginavano necessaria la determinazione dell’origine geografica delle popolazioni degli uccelli di cui si chiede un limitatissimo prelievo in deroga, la valutazione delle modalità di migrazione e di conseguenza censimenti esaustivi delle coppie nidificanti nei quartieri riproduttivi della Russia europea, della Finlandia, Bielorussia, Ucraina e dal confine della Polonia all’Oceano Pacifico, viene da chiedersi a cosa serve Ispra il cui mantenimento tra l’altro pare economicamente oneroso per i cittadini e come è possibile identificarlo quale organo tecnico di supporto nell’occasione alla Regione. Diventa allora lecito domandarsi perché non riscoprire il valore degli Osservatori regionali e delle Università italiane oltre che affidarsi, davanti all’imbarazzante silenzio dell’Ispra, alla letteratura internazionale scientifica in materia, come Birds in Europe. // Alessandro Sala Milano

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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