La nuova aliquota del 20%
La nuova aliquota del 20% applicata dall'1.01.2012, mediante ritenuta titolo definitivo sugli imponibili generati sia dalla plusvalenza per la cessione di partecipazioni, sia dalla mera percezione di dividendi, o interessi a favore delle persone fisiche, evidenzia aspetti peculiari. L'aliquota di cui sopra deve essere comparata con le eventuali aliquote similari di altri Stati (es. Europa 27 e G20); infatti, in un contesto finanziario altamente specializzato e globale, la maggior imposizione sui redditi finanziari (plusvalenze, dividendi, o interessi), genera un indubbio elemento negativo nella scelta dell'investimento. Tanto è vero che le plusvalenze sono state esenti in Italia in periodi precedenti. E perché mai sui titoli la tassazione sugli interessi dei titoli di stato italiano e delle «obbligazioni per il Sud» rimane inalterata al 12,5%, mentre quella sugli interessi dei conto correnti bancari sale al 20%? Inoltre, l'imposizione al 20% (già al 12,5%, quindi con un rialzo del 70% circa) è riferita a «soldi già tassati». Infatti, qualunque società di capitale subisce un'imposizione fiscale (Ires ed Irap), oltre ad imposte indirette minori, accise, oneri obbligatori e contributivi, nel complesso intorno al 40% dell'utile lordo annuale, calcolato per altro sulla normativa fiscale, meno favorevole di quella civilistica. Numericamente dato 100 l'utile lordo, l'utile netto arriva dunque a 60, poi la distribuzione di tale utile (60) alle persone fisiche socie, sconterà una nuova imposizione, aliquota al 20% di 60, prelevata al momento dell'incasso, per una tassazione finale di circa 52 ed una percezione finale di 48. Infine, nella nuova aliquota al 20%, l'ingiusto, forse costituzionalmente illegittimo, nel combinato disposto degli art. 2, 3 e 53 della Costituzione, vergognoso paradosso è il seguente: il «piccolo risparmiatore», il pensionato o il giovane che investono qualche migliaia di Euro non necessariamente in società quotate, saranno tassati al 20% immediatamente all'incasso, sia sulla plusvalenza, sia sul dividendo. Invece, il grande finanziere e/o industriale, con partecipazioni qualificate, o di controllo, anche in società quotate è tassato con un'aliquota che varia dallo 0%, o che può essere perfino a credito, fino al 16-21% massimo, con pagamento successivo nella dichiarazione dei redditi. Infine, una proposta: che lo Stato ceda in un lasso di tempo medio di 6-18 mesi, partecipazioni importanti in: Eni, Enel, Finmeccanica, così come in Poste italiane, Banco Posta, Enel Green Power, Snam, Terna, Cassa Depositi e Prestiti, Sace, Rai, Poligrafico. Tutti i proventi incassati (qualche decina di miliardi di euro), verrebbero tutti restituiti in 24 mesi ai nuovi nati (meno di 550.000 ogni anno). Ciò potrebbe innescare un nuovo e decisivo ottimismo, coraggio, vigore nei giovani e nella società, aumenterebbe sia il gettito diretto (Ires ed Irap), sia l'Iva, aiuterebbe la natalità, aspetto fondamentale di ogni paese. Inoltre aiuterebbe il sistema del credito, genererebbe più trasparenza e democrazia, in un rinnovato, miglior rapporto con lo Stato.
Avvocato Bartolomeo Rampinelli Rota
Brescia
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