La (non) libera scelta scolastica di chi è bocciato

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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Sono il genitore di uno studente di prima superiore. Purtroppo, mio figlio, non essendo stato ammesso agli scrutini, ha deciso di cambiare istituto. Dalla segreteria mi è stato suggerito di contattare più scuole, vista la carenza di posti disponibili. Ho seguito il consiglio con impegno, scrivendo a tre scuole cittadine: due istituti tecnici e uno professionale. In tutti i casi la risposta è stata la stessa: «Purtroppo non c’è posto, possiamo inserirlo in una lista d’attesa». Mi è stato spiegato che la priorità viene data, in ordine, agli studenti provenienti dalla scuola media, poi ai bocciati dell’istituto stesso, successivamente a chi potrebbe essere respinto a settembre e, solo infine - eventualmente - agli studenti provenienti da altri istituti. Mi è stato anche fatto giustamente notare che le classi non possono superare i trenta alunni. A quel punto mi sono rivolto anche a una scuola della provincia, ricevendo la medesima risposta. La situazione, dunque, è la seguente: l’unico posto garantito è quello della scuola che mio figlio non desidera più frequentare, mentre ben quattro scuole pubbliche non hanno disponibilità. Mi rivolgo ora a voi, immaginando che lo stesso problema coinvolga molte altre famiglie. Premesso che, sia per iscritto, sia al telefono che di persona, ho avuto a che fare con personale sempre gentile, comprensivo e professionale, la domanda che mi pongo - e vi pongo - è semplice ma fondamentale: «Esiste davvero il diritto allo studio? E dove manderò mio figlio a settembre?».

Gabriele Bonera

Caro Gabriele, comprendiamo il disagio che prova e le siamo solidali, senza tuttavia concederle speranza. Nel senso che si tratta di uno stortura che difficilmente cambierà, poiché in punta di diritto lo Stato non viola alcuna norma, essendo il diritto allo studio garantito (una scuola suo figlio ce l’ha, anche se è quella in cui non vorrebbe più andare), mentre la facoltà di scelta è consentita in entrata, dopo le medie, non durante il tragitto. Un’aberrazione, considerato tutto il riempirci la bocca di «mettere al centro il ragazzo» e «lo sviluppo della persona» e «tener conto dell’aspetto educativo». Nella realtà non sono i ragazzi né la famiglia al centro, bensì il sistema scolastico, la sua organizzazione, il suo funzionamento. Per quei genitori come lei non resta dunque che rassegnarsi oppure accendere un cero e fare il giro degli istituti con il cappello in mano, sperando di impietosire qualche dirigente scolastico o, molto all’italiana, conoscere un professore o un addetto alla segreteria che interceda per lei e nelle more della discrezionalità trovi per suo figlio un banco. P.S. Non sono consigli teorici e paradossali, bensì il racconto reale di chi l’ha preceduta e ha anch’egli sbattuto il naso contro lo scoglio. (g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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