La molestia verbale può essere vinta da un bel silenzio

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Un bel silenzio: a volte è l’unica difesa a nostra disposizione per sottrarci ad una quotidianità infarcita di chiacchiere spesso incoerenti o vuote di significato, che non è facile contrastare. La molestia verbale è figlia del nostro tempo intemperante. Si pratica così l’arte del silenzio come contrasto ad uno spreco di parole che non condividiamo, tenendo altresì a freno l’istinto di replicare per non incorrere in ulteriori incomprensioni. D’altra parte è necessario dosare anche il tempo del silenzio per evitare il rischio di chiuderci in noi stessi, di isolarci dal nostro piccolo mondo, ritrovandoci come naufraghi su un’isola che ci separa dalla riva e non prevede un approdo. Può capitare, al contrario, di trovarci all’improvviso nella condizione di dover affrontare una barriera di silenzio da parte di persone amiche o conoscenti con le quali ritenevamo di avere raggiunto una buona armonia, nella condivisione di ideali e di interessi. Questo è il volto del silenzio che ferisce, soprattutto se non riusciamo a darci una spiegazione convincente dell’imprevista chiusura che stravolge rapporti consolidati. Ed allora diventa urgente chiarire il motivo del mutato atteggiamento, riflettere se ne siamo stati la causa, magari inconsapevole. Basta poco per essere considerati ingenerosi o poco dialoganti nei confronti di coloro che da noi si aspettavano generosità di ascolto, comprensione e parole di incoraggiamento. Forse abbiamo elargito risposte affrettate, senz’anima; abbiamo disatteso un dialogo, rivangato vecchi screzi apparentemente ormai superati, reagito ad una provocazione con mancanza di tatto. Se abbiamo superato un confine dobbiamo fermarci, ritornare sui nostri passi e sconfiggere quel silenzio quale nemico della nostra esistenza. In fondo anche nel dissenso che ha turbato un’armonia e nell’auspicata pacificazione servono limite e intelligenza.

// Adriana Pasini
Brescia

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