La mia dignità «calpestata» in un colloquio di lavoro
Fine luglio 2018: dopo anni di difficoltà, finalmente mi laureo. Una grande soddisfazione per me e soprattutto ho voglia di entrare nel mondo del lavoro. Agosto 2018: inizio a portare curriculum e a rispondere ad annunci su bacheche online. Sono laureata ad un corso triennale all’interno della facoltà di Medicina Veterinaria. Tutti mi chiedono: «Ma con questa laurea cosa fai?» e in realtà non lo so bene neanche io, ma quello che ho fatto mi è piaciuto e ne sono soddisfatta. Durante il mio percorso di studi, ho fatto diversi lavori e lavoretti per cercare di avere un minimo di indipendenza visto che a casa non si naviga nell’oro; ho avuto diverse esperienze anche nell’ambito di ciò che ho studiato, ma ora vorrei trovare un lavoro «vero», il mio lavoro. Mi sono candidata in diversi negozi di prodotti per animali. La gente mi chiede: «Ma con una laurea in mano, ti accontenti di fare la commessa?». In realtà non mi accontento, ma desidero farlo al momento, perché penso di poter utilizzare le mie conoscenze e il mio titolo di studio anche in un lavoro umile. Porto personalmente il mio curriculum in uno di questi negozi e subito mi viene detto che è interessante e che verrà tenuto in considerazione. Dopo tre giorni, un sabato mattina, ricevo una chiamata: «Siamo interessati a te, ma assumiamo personale solo tramite agenzia (mi viene detto il nome dell’agenzia specifica) quindi devi andare lì ad iscriverti e candidarti per il nostro negozio». Lunedì mattina mi reco in agenzia. Vengo accolta in un modo non molto caloroso: senza essere salutata e senza essere fatta accomodare. Spiego la situazione mentre sono in piedi, praticamente sulla porta. Vengo liquidata così: «Non siamo noi ad occuparci di quel negozio, si sono sbagliati a mandarla qui». Confusa e un po’ allibita, esco. Chiamo in negozio per chiedere chiarimenti. Mi rispondono: «Non ci siamo sbagliati, l’agenzia è proprio quella. Ci informiamo noi e le facciamo sapere come comportarsi». Richiamo io in negozio dopo giorni di silenzio. Mi dicono: «L'agenzia ci ha detto che non dovevamo permetterci di mandarla da loro e intrometterci nel loro lavoro». Ancora più confusa e allibita e anche preoccupata per la paura di perdere l’occasione di questo lavoro, che è quello che desidero ora, mi iscrivo online alla suddetta agenzia e, di nuovo, aspetto. Dopo qualche giorno, ricevo una chiamata dall’agenzia: «Il capo-area del negozio vuole fare un colloquio con lei. Mi invii il suo curriculum così la posso ricontattare e farle sapere il giorno del colloquio. Comunque stia tranquilla, la manderemo sicuramente lì». Mi sento sollevata e mando subito il mio CV, poi, aspetto. Dopo un’altra settimana di vuoto totale, chiamo in agenzia e spiego di nuovo la situazione. Risposta: «Mi dispiace, sono nuova in agenzia, l’impiegata con cui lei ha parlato non lavora più qua da qualche giorno e non mi ha comunicato nulla della sua situazione... e non ha neanche depositato il suo curriculum». In quel momento, di nuovo confusa e senza parole, chiedo: «Quindi io ora cosa dovrei fare?». Risposta: «Mi informo io direttamente dal negozio e nel frattempo lei mi mandi in suo curriculum». Immediatamente, lo invio. Incredibilmente, dopo soli dieci minuti vengo richiamata: «Stanno facendo i colloqui in negozio proprio adesso (ore 16.10)... dovrebbe riuscire ad essere lì entro le 17». In quel momento stavo svolgendo il mio lavoro occasionale di pet-sitter a domicilio. Così, avverto la mia cliente, porto a casa il cane con cui ero appena arrivata al parco e, giustamente, rinuncio alla paga di quel giorno. In meno di un’ora arrivo al colloquio. Vengo accolta con un: «Ah, ecco, è arrivata la disperata!». Per la terza volta, mi trovo confusa e allibita... Dopo cinque minuti di colloquio, mi viene detto: «Verrà contattata entro 2-3 giorni dall’agenzia per comunicarle l’esito del colloquio, sia in caso positivo che negativo». Grazie. Arrivederci. Era giovedì... Il lunedì mi reco casualmente in quel negozio a comprare il cibo per i miei cani: dopo tre giorni di silenzio, capisco da sola l’esito del colloquio: negativo. Una nuova ragazza, infatti, è in negozio e sta imparando ad utilizzare la cassa. È passata una settimana da quel colloquio e sono qui a scrivere. Nessuno mi ha chiamata e, a mio parere, nessuno mi ha rispettata. Ho 25 anni, sono neolaureata e ho diverse esperienze che hanno arricchito le mie conoscenze. Vorrei lavorare, perché senza lavoro non c’è dignità. Mi sono adoperata per riuscire ad arrivare a quel colloquio, nonostante dall’inizio niente sia andato per il verso giusto e avrei potuto lasciar perdere. Evidentemente, tutto questo non è sufficiente. Forse, ho scelto un ambito difficile, ma non voglio smettere di crederci dopo soli due mesi dalla mia laurea, perché in fondo è quello che sogno. Mi chiedo solo se in tutto questo qualcuno abbia sbagliato qualcosa, debilitando così un’opportunità che, per me, era molto importante... se non fondamentale.
// Lettera firmata Gentile lettrice, continui a crederci. Troverà chi merita la sua collaborazione. Nel frattempo, a chi promuove colloqui di lavoro (imprenditori, commercianti, agenzie) un invito di civiltà: la dignità va garantita anche a chi cerca lavoro. (n.v.)Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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