La lezione liberale di Valerio Zanone e la nostra città
L'anno che inizia si è aperto con un grave lutto nel mondo della cultura liberale: la scomparsa dell'on. Valerio Zanone il 7 gennaio scorso. Con il suo impegno politico ha attraversato cinquanta anni di storia italiana nella prima e seconda Repubblica senza mai un cedimento sui principi in cui credeva: democrazia, europeismo laico e riformatore. Rifiutando accordi sottobanco e prendendo le distanze da amicizie divenute impresentabili, seppe rimanere pulito negli anni tremendi di Tangentopoli che videro cadere, falciati dagli scandali, nomi noti della politica italiana. Nel momento in cui la destra cominciò a sbracciarsi per propagandare i propri uomini liberali come gli unici e i veri, Zanone non entrò in polemica limitandosi a rimarcare, con i fatti e le sue scelte, che il pensiero schiettamente liberale aveva le proprie radici nel centrosinistra, le stesse di Giuseppe Zanardelli giurista e statista bresciano. E i legami con Brescia furono saldi e costanti nel tempo. Quando nel 1995 fu tra i fondatori dell’Ulivo di Romani Prodi, visitò la nostra città invitando noi liberali a seguirlo in quell’esperienza. Il suo entusiasmo mi contagiò e confluì nel Comitato Provinciale dell’Ulivo presieduto da Tino Bino. In campagna elettorale ebbi la soddisfazione di rappresentare l’Ulivo al Convegno Provinciale Islamico quale risposta a un invito rivolto alla Segreteria portando i saluti di quest’ultima, per poi fermarmi a dialogare con una vasta assemblea interessata ai valori della cultura democratica. Chiusa l’esperienza di Prodi, nel 2001 fu la volta della Margherita con Zanone al fianco di Rutelli per fare spazio a una presenza liberale nella «Margherita». Anche in quel caso noi liberali lo seguimmo ancora e Giuliano Terzi, coordinatore provinciale, sciolse la sezione della Federazione dei Liberali per confluire nel Comitato Provinciale della Margherita, che aveva sede in via Volturno presieduto da Gianni Girelli. Nel 2003 lo rividi per l’ultima volta. Si svolgeva la campagna elettorale di Paolo Corsini quale sindaco di Brescia al secondo mandato consecutivo. Valerio venne a presentare la pubblicazione degli atti del Convegno su Piero Gobetti curato da me, al quale avevano partecipato tra gli altri Michele d’Elia, Michelangelo Bovero del Centro Studi Gobetti di Torino e i giornalisti Franco Abruzzo (in quel momento presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia) e Giambattista Lanzani (direttore del Giornale di Brescia). Ebbe parole di encomio per la nostra città e la sua cultura democratica, antifascista e liberale. Parlò dello spirito europeista di Piero Gobetti, seppe porre Brescia in relazione agli eventi economici dell’Europa, tracciò dei collegamenti con il Trattato di Lisbona in corso di elaborazione, catturando l’attenzione degli astanti. Sentendolo parlare si allargava l’orizzonte e il futuro era già nell’oggi alla portata di chiunque volesse mettersi in gioco. Valerio Zanone era un leader convincente e di là dalle etichette, il trait d’union tra un’esperienza e l’altra era la passione per gli ideali liberali appresi dagli scritti di Luigi Einaudi e altri grandi liberali. Nel 2015 colsi la reminiscenza proprio di una lezione di Einaudi nella reazione (senza successo) di Valerio e Roberto Einaudi, entrambi presidenti onorari della Fondazione Einaudi, di opporsi al salvataggio economico dell’ente da parte di Berlusconi. Nel 1948, sul Corriere della Sera Einaudi aveva scritto: «Vi sono due estremi nei quali sembra difficile concepire l’esercizio effettivo, pratico della libertà: all’uno estremo tutta la ricchezza essendo posseduta da un solo colossale monopolista privato; e all’altro estremo dalla collettività. I due estremi si chiamano monopolismo e collettivismo: ed entrambi sono fatali alla libertà». Il Cavaliere di Arcore chiedeva in cambio di nominare un nuovo consiglio di amministrazione Zanone temeva, per la Fondazione romana di studi economici, la prospettiva di entrare nell'orbita di un solo partito, con conseguente perdita di libertà, e ciò gli faceva preferire la sua chiusura per mancanza di fondi. Torinese nell’anima, liberale e riformista nelle scelte, nemico di sovranità assolute. Laureato in filosofia estetica l'impegno di Valerio mostra, in tutte le sue parti, una rara coerenza di vita che diviene bellezza. La voce mai gridata, perché forte nelle idee, si apriva all’incontro con l’interlocutore all’insegna del rispetto delle divergenze e della dignità della persona. Qualcosa, oggi, in controcorrente che ci esorta a dire: onore a un vero liberale!
// Prof. Emanuela CitatiPresidente Ass. di Cultura e Ricerca «Zanardelli» Brescia
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