La drammatica lezione del caso di Carmelo Gallico

Vorrei segnalarLe oggi un «De Bello Gallico» che non inizia con «Gallia est omnis divisa in partes tres, quarum una incolunt Belgae, aliam Aquitani, tertiam qui ipsorum lingua Celtae nostra Galli appellantur...» frasi scritte da Cesare e mandate a memoria da migliaia di studenti di latino che oggi, un po’... stagionati, sobbalzeranno nel ritrovarle stampate su un quotidiano. No, la guerra gallica scritta da Cesare non c’entra nulla se non per un signore che di cognome fa Gallico e che certamente ha combattuto (e… vinto) una lunga guerra con la giustizia italiana. Mi riferisco a Carmelo Gallico che, accusato ingiustamente di essere un boss della ’ndrangheta (come lo erano il padre e il fratello) ha trascorso ben 2090 giorni in carcere da innocente. Si fa presto a dire o a scrivere duemilanovantagiorni, ma bisogna viverli, ora per ora, giorno per giorno, solo, in una stretta cella del carcere duro, quello riservato ai condannati del 41 bis in condizioni che gli stessi giudici segnalano come contrarie alla dignità umana, sapendo di essere totalmente estraneo alle accuse che gli erano state rivolte. Carmelo Gallico, peregrinando da carceri sarde, piemontesi, bresciane, ha combattuto una sua personale guerra (De bello!) prima di essere riconosciuto innocente ed è passato attraverso esperienze atroci e sofferenze che l’avevano persino spinto a tentare il suicidio. Dopo oltre 2000 giorni di «inferno» finalmente la Corte d’Appello lo assolve rimuovendo tutte le accuse e Carmelo Gallico torna in libertà. Quella lunga detenzione nei penitenziari italiani gli verrà risarcita con la somma di 14 mila euro! Oggi, a distanza di 30 anni da quella autentica persecuzione Gallico ha scritto un libro sulla sua vicenda «Senza scampo. La mia vita rubata da faide e ’ndrangheta». Per i suoi carcerieri e accusatori Gallico non poteva non far parte di clan mafiosi restandone fuori ed ha pagato duramente portare un nome associato al clan parentale. Credo sia devastante per un uomo doversi difendere da accuse infamanti e credo anche che il risarcimento che lo Stato gli ha riservato dopo tutto quel patire sia veramente miserevole. Per quel che vale ha la mia piena solidarietà per quanto ha sofferto e un pensiero di gratitudine per esserne uscito a testa alta.
// Paolo OrtolaniNave
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