La contrarietà all'impianto per l'amianto

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La proposta di ubicare in Valle Camonica un mega impianto per lo smaltimento dell'amianto arriva dopo che pareva essersi affermata, a vari livelli, la consapevolezza che un territorio fragile come quello vallivo richiedesse modelli economici e di sviluppo adeguati. Le direttrici parevano orientarsi verso il turismo termale, lacuale e di montagna; l'agricoltura compatibile, l'artigianato e la valorizzazione delle risorse culturali. Una impostazione che già di per sé, pur trascurando fondamentali considerazioni sulla inadeguatezza delle infrastrutture viarie, collide platealmente con l'operazione amianto. Pertanto alle popolazioni locali non resta che una decisa azione di contrasto a tale progetto. Se il dirigismo autoritario vigente in Regione Lombardia dovesse bypassarre il volere delle popolazioni locali, espletate tutte le possibili forme di pressione e di lotta, non rimarrebbe che proporre la separazione della Valle Camonica dalla Lombardia per una aggregazione al Trentino Alto Adige dove l'afflato verso la cultura del territorio appare ben più omogeneo.

L'operazione è meno culturalmente e storicamente evanescente e peregrina di quanto possa apparire di primo acchito: la linea dell'Adda ha rappresentato per secoli una barriera, un vero confine politico, culturale, e linguistico, determinando nei fatti una incapacità delle èlite politiche milanesi a leggere la realtà dei territori di montagna, mortificandoli nella loro identità, condannarli alla marginalità ed imponendo modelli di sviluppo sfociati nel degrado generalizzato.

Franco Comella
Gianico

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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