La continuità delle cure manca. Ed è un peccato

Scrivo questa lettera per condividere una riflessione riguardo alla sanità, in particolare sul presidio poliambulatorio di via Biseo, dove ogni anno mi reco per effettuare una visita ginecologica con la dottoressa Raffaella Bonera. Desidero esprimere la mia piena soddisfazione per la professionalità, la competenza e l’attenzione che la dottoressa dimostra in ogni dettaglio. È una professionista che sa mettere a proprio agio le pazienti, trasmettendo fiducia e serenità. Vorrei inoltre sottolineare la gentilezza e la disponibilità del suo staff infermieristico, sempre accogliente e attento alle esigenze delle persone. Tuttavia, vorrei evidenziare anche un aspetto molto importante che, ahimè, mi rattrista. Con l’introduzione del sistema di prenotazione unica, spesso non è possibile continuare a farsi seguire dal proprio specialista ambulatoriale di fiducia, poiché il sistema non tiene conto dell’elenco dei suoi pazienti abituali. Le prenotazioni vengono infatti assegnate in base all’ordine di chi riesce a chiamare per primo quando si aprono le agende. La specialistica ambulatoriale territoriale è una risorsa per i pazienti in particolare presso in nostri presidi di via Biseo e via Corsica dove è stato finora possibile avere la continuità assistenziale con lo specialista di fiducia. Questo meccanismo, a mio avviso, penalizza il rapporto di continuità tra medico e paziente - un valore fondamentale, soprattutto in ambito sanitario. È triste pensare che, a causa di questo sistema, non si possa più scegliere o continuare a farsi seguire dal proprio medico di fiducia all’interno del Servizio Sanitario Nazionale, ma che tutto dipenda, di fatto, dalla fortuna. Credo che questo sia un tema su cui i nostri vertici dovrebbero riflettere seriamente, per garantire ai cittadini un servizio più umano e coerente con il principio della continuità delle cure.
S. L.Carissima, la «continuità» delle cure è una tra le vittime sacrificate sull’altare del conciliare scarsità di risorse ed erogazione di prestazioni. «Una tra», non la sola. Collegata ad essa c’è ad esempio la possibilità di scegliersi davvero il medico e il presidio dove rivolgersi, in caso di bisogno. Oppure il tempo personalizzato della convalescenza e non quello standard previsto dai protocolli, come se ciascuno di noi fosse uguale all’altro, né più né meno di uno stampo siderurgico. In genere, potremmo dire che la sanità attuale fa di tutto per spremere ed esprimere efficienza, a scapito di aspetti niente affatto accessori al fine dell’obiettivo principale di cui tener conto: il «prendersi cura». Esserne consapevoli non risolve la questione, ma è un buon primo passo per tentare di porvi rimedio, convincendo i politici che tra le azioni da intraprendere per una buona sanità c’è l’attenzione alla persona, da porre innanzi tutto. (g. bar.)
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